Islamabad, assassinio Bhatti: si riapre la pista dell’estremismo islamico
di Jibran Khan
Il tribunale ha emesso un mandato d’arresto per due pakistani, fuggiti a Dubai. Per Ziaur Rehman e Malik Abid, originari di Faisalabad, il governo chiederà l’estradizione. Smentendo le voci su faide familiari o dissapori interni alla comunità cristiana, la polizia torna a indagare negli ambienti legati ai talebani e al fondamentalismo religioso.
Islamabad (AsiaNews) – Il Tribunale dell’antiterrorismo pakistano ha spiccato un mandato di arresto internazionale a carico di due cittadini, sospettati di coinvolgimento nell’assassinio del ministro cattolico per le Minoranze Shahbaz Bhatti, freddato a colpi di pistola il 2 marzo scorso. Il provvedimento emesso dal giudice speciale Pervez Ali Shah riguarda Ziaur Rehman e Malik Abid, originari di Faisalabad e fuggiti nel frattempo a Dubai, negli Emirati. Nei loro confronti il governo di Islamabad chiederà l’estradizione, perché rispondano delle accuse davanti a un’aula di tribunale.
Si apre un nuovo capitolo nella vicenda che riguarda la morte del politico cattolico, celebrato con un “martire” dai cristiani pakistani perché ha sacrificato la propria vita per le minoranze e lo sviluppo del Paese. Il commando omicida ha lasciato un biglietto, in cui l’omicidio veniva rivendicato dai talebani. In un secondo momento è circolata la voce secondo cui si è trattato di una vicenda interna, che riguardava i vertici della comunità cristiana. Infine la versione per cui Bhatti sarebbe morto per una faida familiare, legata ad alcune proprietà.
Le numerose proteste avanzate dai cristiani pakistani e da alcuni movimenti internazionali pro diritti umani hanno spinto governo e polizia (oltre ai giornali nazionali, che rilanciavano di volta in volta le notizie) a smentire le voci, riportando il filone delle indagini sul terrorismo interno e i movimenti estremisti islamici. La conferma arriva anche da Bani Amin Khan, alto ufficiale delle forze di sicurezza a Islamabad, che davanti a una commissione del Senato ha ribadito che l’assassinio è opera del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp).
Positivi i primi commenti che arrivano dalla comunità cristiana, che chiede tuttavia di arrivare “presto” a fare piena luce sulla morte di Shahbaz Bhatti. Mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo emerito di Lahore, sottolinea che “ora le indagini si rivolgono nella direzione giusta” e asupica che “i colpevoli siano condotti davanti alla giustizia”. Interviene anche il vescovo della città, mons. Sebastian Shah, che definisce il ministro “la voce delle persone senza voce” e avverte: “speriamo che i colpevoli siano arrestati e non si tratti della solita tattica per sviare le indagini”. Un parere condiviso anche da Pervez Rafique, leader di All Pakistan Minorities Alliance (Apma), che chiede la pubblicazione del rapporto del Team congiunto di indagine (Jit) sull’omicidio e la nascita di una commissione di inchiesta.
Si apre un nuovo capitolo nella vicenda che riguarda la morte del politico cattolico, celebrato con un “martire” dai cristiani pakistani perché ha sacrificato la propria vita per le minoranze e lo sviluppo del Paese. Il commando omicida ha lasciato un biglietto, in cui l’omicidio veniva rivendicato dai talebani. In un secondo momento è circolata la voce secondo cui si è trattato di una vicenda interna, che riguardava i vertici della comunità cristiana. Infine la versione per cui Bhatti sarebbe morto per una faida familiare, legata ad alcune proprietà.
Le numerose proteste avanzate dai cristiani pakistani e da alcuni movimenti internazionali pro diritti umani hanno spinto governo e polizia (oltre ai giornali nazionali, che rilanciavano di volta in volta le notizie) a smentire le voci, riportando il filone delle indagini sul terrorismo interno e i movimenti estremisti islamici. La conferma arriva anche da Bani Amin Khan, alto ufficiale delle forze di sicurezza a Islamabad, che davanti a una commissione del Senato ha ribadito che l’assassinio è opera del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp).
Positivi i primi commenti che arrivano dalla comunità cristiana, che chiede tuttavia di arrivare “presto” a fare piena luce sulla morte di Shahbaz Bhatti. Mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo emerito di Lahore, sottolinea che “ora le indagini si rivolgono nella direzione giusta” e asupica che “i colpevoli siano condotti davanti alla giustizia”. Interviene anche il vescovo della città, mons. Sebastian Shah, che definisce il ministro “la voce delle persone senza voce” e avverte: “speriamo che i colpevoli siano arrestati e non si tratti della solita tattica per sviare le indagini”. Un parere condiviso anche da Pervez Rafique, leader di All Pakistan Minorities Alliance (Apma), che chiede la pubblicazione del rapporto del Team congiunto di indagine (Jit) sull’omicidio e la nascita di una commissione di inchiesta.
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