Iraq, curdi a sciiti: basta con la politica di "arabizzazione"
I leader politici curdi accusano il premier sciita Jaafari di "governare da solo" senza consultare gli alleati e di non lavorare, come stabilito, per il rimpatrio dei deportati nel nord. Il presidente Talebani smentisce voci di volere le dimissioni del premier.
Parigi (AsiaNews) Il rimpatrio dei curdi nella zona di Kirkuk e l'impiego nella Compagnia petrolifera statale del Nord sono alcune delle questioni, che negli ultimi giorni hanno alimentato frizioni tra i due gruppi al potere. Secondo i curdi il governo del premier sciita al Jaafari gestisce le questioni in modo discriminatorio, ancora con il fine dell'"arabizzazione" del paese. A spiegarlo, in un'intervista ad AsiaNews, è Saywan Barzani, rappresentante curdo in Europa, di stanza a Parigi.
All'inizio del mese il presidente curdo Jalal Talabani insieme al capo del Kurdistan Democratic Party, Massoud Barzani, hanno accusato il premier di "lavorare da solo, ponendosi al di sopra del governo". Le rimostranze erano elencate in una lettera al primo ministro cui non è seguita risposta. Un parlamentare sciita sabato scorso ha criticato il presidente per aver sollevato tali polemiche proprio con il delicato appuntamento per il referendum costituzionale alle porte.
Saywan Barzani, anche nipote di Massoud, precisa: "Ibrahim Jaafari guida il governo senza neppure consultare gli alleati del Kurdistan, mentre l'accordo di alleanza fra le due grandi liste che hanno vinto le elezioni del 30 gennaio 2005 prevedeva che ogni decisione dovesse essere presa in accordo con i curdi".
Secondo i leader curdi, Jaafari è fautore di una politica di "arabizzazione". Barzani nota che a Kirkuk città del nord ricca di petrolio - e nelle zone arabizzate, non una sola famiglia di deportati è stata aiutata dall'attuale governo a tornare nelle zone da dove Saddam Hussein l'aveva cacciata. "Il governo non ha operato nessuna normalizzazione aggiunge - contrariamente a quanto stabiliscono la Costituzione provvisoria e gli accordi bilaterali tra le liste del Kurdistan e le quelle sciite".
I curdi sperano di ristabilire il controllo sulla città di Kirkuk, ricca di petrolio e in maggioranza curda fino ai programmi di "arabizzazione" promossi dal decaduto dittatore, Saddam Hussein.
Barzani parla di "inaccettabile politica razziale". Ad esempio: "L'insieme del petrolio del nord viene dal Kurdistan, ma nella Compagnia statale del nord è impiegato appena l'1% di curdi, è una discriminazione inaccettabile in un Paese che vuole democratizzarsi e che vuole la rottura con il regime razzista e criminale dei baathisti, che ha perpetrato il genocidio del popolo del Kurdistan".
Il rappresentante curdo è fiducioso. "Le divisioni tra sciiti e curdi possono risolversi a condizione che gli arabi accettino di riconoscere i diritti che i curdi hanno ottenuto e comprendano ciò che hanno fatto subire ai curdi: genocidio, arabizzazione, distruzione del 90% del Kurdistan e centinaia di migliaia di morti civili ancora seppelliti nel deserto arabo".
Intanto ieri in una conferenza stampa a Praga il presidente Talebani ha smentito di volere le dimissioni del primo ministro, come sostenevano alcune voci. Ed ha precisato: "Dbbiamo solo chiedergli di correggere i suoi metodi".