Iraq, 50 poliziotti e funzionari arrestati. Tramavano un colpo di stato
Baghdad (AsiaNews) – Negli ultimi tre giorni sono stati arrestati dai 35 ai 50 funzionari del ministero degli interni iracheno o agenti delle forze di polizia, alcuni dei quali con l’accusa di aver cercato di “rifondare il partito Baath” – fedele ex rais Saddam Hussein e bandito dall’Iraq – e di progettare un colpo di Stato. La notizia è confermata da fonti di AsiaNews nella capitale irakena.
Interpellato da AsiaNews, Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, conferma il clamore suscitato dalle rivelazioni presenti nei principali media arabi e iracheni: “Le televisioni parlano di un numero di arresti – riferisce il vicario del Patriarca – che varia dai 35 fino a 50. Fra questi vi sono sia sciiti che sunniti, gente che viene dal nord dell’Iraq”. “Sono operazioni effettuate dalle forze speciali di sicurezza negli ultimi tre giorni – continua – che hanno colpito ex generali dell’esercito, forze di polizia ed ex funzionari del partito Baath di Saddam Hussein”.
Secondo le prime ricostruzioni tra gli arrestati vi sarebbero anche quattro generali dell’esercito, tra i quali Ahmed Abu Raqeef, direttore dell’ufficio ministeriale per gli affari interni. Una notizia smentita dalla Afp, che riporta fonti ufficiali in base alle quali è “grazie alla collaborazione fornita dal generale che si è scoperto il complotto”.
Secondo Abdul Karim Khalaf, maggiore dell’esercito iracheno, all’origine dei provvedimenti di fermo vi sarebbero dei legami con il movimento “al-Awda” – “il Ritorno” – che mira a rifondare il partito dell’ex rais e raccoglierne l’eredità. Gli arrestati avrebbero inoltre versato tangenti per essere assunti al dicastero degli Interni e raggiungere posti di potere in seno al governo.
“È un fatto gravissimo – ribadisce mons. Warduni – che si va a sommare ai continui attacchi bomba che si succedono nel Paese, da Kirkuk al nord fino alla capitale Baghdad”. Secondo il prelato la situazione irachena è in “continuo subbuglio” e il governo “fatica a mantenere il controllo: il risultato è che la pace e la sicurezza sembrano sempre più lontane”, mentre a pagare il prezzo dei giochi politici che dividono l’Iraq “è sempre la popolazione civile”. Alla base degli arresti vi potrebbero essere anche questioni interne legate al potere: le voci contrarie al governo accusano il premier Nuri al Maliki di incarcerare i rivali politici “per consolidare il potere” a poco più di un mese dalle elezioni provinciali, in programma alla fine di gennaio 2009.
L’avversione di al Maliki, un musulmano sciita, verso gli esponenti dell’ex partito Baath ha radici profonde: egli era una delle decine di migliaia di persone perseguitate o uccise dai fedelissimi di Saddam, appartenenti alla fazione sunnita. Una minoranza rispetto agli sciiti, ma che ha governato a lungo l’Iraq fino alla presa di Baghdad da parte degli americani nell’aprile del 2003.
Il partito Baath aveva in origine un programma progressista e socialista che puntava alla modernizzazione e secolarizzazione dell’Iraq. L’ascesa di Saddam ha trasformato il Paese in un regime dittatoriale; alla caduta del rais (giustiziato il 30 dicembre del 2006), il partito è stato dichiarato fuorilegge e i suoi esponenti esautorati da ogni potere.
Nel febbraio del 2008, a quasi cinque anni dalla fine del regime, il Consiglio della presidenza dell’Iraq ha dato il suo consenso alla discussa Justice and Accountability Law, che permette ai ranghi più bassi dell’ex partito Baath di ricoprire incarichi governativi. La cosiddetta legge di “de-baathificazione” era stata approvata dall’Assemblea nazionale irachena il 12 gennaio: essa concede ai quadri di livello intermedio e inferiore del Baath (circa 38mila persone) di tornare a lavorare nel settore pubblico e accorda la pensione a tutti i baathisti; rimangono banditi i quadri alti.