16/06/2012, 00.00
NEPAL
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Indù e monarchici nepalesi per una nuova rivoluzione contro la democrazia

di Kalpit Parajuli
Dal 28 maggio il Paese è senza una costituzione e rischia di restare senza un governo. In migliaia sono scesi in piazza lo scorso 9 giugno per denunciare la crisi di governo e il fallimento della repubblica. La protesta a favore della monarchia è la più numerosa dalla deposizione del re Gyanendra nel 2006. Ma la maggior parte dei nepalesi crede ancora nella democrazia.

Kathmandu (AsiaNews) - Gli indù nepalesi sono pronti a una nuova rivoluzione per far tornare sul trono il re Gyanendra Shah, deposto nel 2006 dopo 11 anni di guerra civile. Secondo i leader indù, la repubblica non è in grado di mandare avanti il Paese, da cinque anni senza un vero governo e una costituzione scritta.

Lo scorso 9 giugno, oltre 5mila persone hanno partecipato alla manifestazione pro-monarchia organizzata a Kathmandu dal Rastrya Prajatantra Party (Rpp - N) movimento politico che si batte per il ritorno della monarchia.  Il  per la prima volta dal 2006, hanno partecipato a una manifestazione contro la repubblica tutte le frange politiche che non vogliono la democrazia e lo Stato laico. Ma secondo i media la maggior parte dei nepalesi è per la democrazia.

Nel suo discorso, Kamal Thapa, leader del Rpp-N e ultimo Primo ministro di re Gyanendra, ha accusato i partiti politici nati dopo la caduta della monarchia di aver fallito. L'assenza di una nuova costituzione legittimerebbe l'insediamento del vecchio regime. "Ora - ha sottolineato - l'unico documento valido è la Costituzione del 1990, che prevede la monarchia costituzionale fondata sulla religione indù". "La repubblica - ha aggiunto - è fallita lo scorso 28 maggio con lo scioglimento dell'Assemblea costituente".   

Diversi analisti fanno notare la crescita dell'estremismo indù diffuso soprattutto fra i partiti che durante la guerra civile hanno combattuto al fianco della monarchia  e che in seguito sono stati esclusi dalla formazione del nuovo Stato democratico. L'Rpp-N trae forza dall'attuale clima di sfiducia nei confronti dei partiti. Chi subisce in modo maggiore la crisi politica e sociale in corso è il partito maoista, considerato da molti come il principale responsabile della crisi attuale. Ieri, nove deputati del Madhesi People's Right Forum, secondo partito della coalizione di governo, hanno rassegnato le dimissioni, per incompatibilità con le linee politiche dei maoisti. Essi accusano Bijay Kumar Gachchadar, vice-Primo ministro e leader del partito Madhesi, di aver boicottato le richieste in favore delle popolazioni della regione del Terai, per mantenere il potere. I monarchici sperano in un crollo del governo di Baburan Bhattarai, per scatenare nuove manifestazioni e tentare di reinsediare il vecchio regime. L'attuale premier è accusato di abuso di potere per aver programmato le elezioni dell'Assemblea costituente il 22 novembre senza consultare gli altri partiti e potrebbe cadere nei prossimi mesi.

Tuttavia, secondo i media, dopo sette anni di democrazia la maggior parte dei nepalesi è contro il ritorno della monarchia e spera in una nuova elezione per l'Assemblea costituente. A sostenere lo Stato laico sono soprattutto le minoranze etniche e religiose, che gestiscono la politica degli stati più lontani dalla capitale, ma anche più ricchi di risorse.  

K.B. Rokaya, leader cristiano e attivista per i diritti umani avverte "che il Paese non può più tornare indietro ora. Il ripristino della monarchia confessionale indù significherebbe un ritorno alla repressione delle minoranze, e noi non vogliamo subire nuove discriminazioni". "I cristiani e le altre minoranze - aggiunge - non dovranno più essere discriminate. La persecuzione contro le altre religioni deve finire".

 

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