Indonesia: 40mila soldati e più potere all’intelligence contro il terrorismo
di Mathias Hariyadi
Il presidente Yudhoyono ha annunciato il dispiegamento di nuove forze militari per affiancare la polizia nella lotta ai gruppi fondamentalisti islamici. Critiche da attivisti peri diritti civili e ong: Suharto usava lo stesso metodo per controllare la vita pubblica.
Jakarta (AsiaNews) - L’Indonesia alza il livello di guardia contro il terrorismo di matrice islamica, schiera 40 mila soldati nei villaggi del Paese e lancia un'allerta di 24 ore per il Badan Intelijen Negara (Bin), i servizi di intelligence indonesiani.
Il presidente Susilo Bambang Yudhoyono ha annunciato ieri la nuova operazione. Parlando dal palazzo presidenziale, si è rivolto in teleconferenza ai responsabili dei governi locali e alle forze di esercito e polizia dislocate nel Paese. Ha chiesto loro totale collaborazione e manifestato il suo “disappunto per la notizia che alcune autorità locali ignorano la gravità del problema e preferiscono non affrontarlo”.
Il capo dello Stato afferma che il ricorso all’uso massiccio dei militari ed il maggior coinvolgimento dei servizi è ormai imprescindibile per combattere “il principale nemico al Paese costituito dal terrorismo”. Le autorità di Jakarta considerano insufficienti le sole forze di polizia per garantire il controllo dei gruppi fondamentalisti e garantire la sicurezza nel Paese.
All’incontro con Yudhoyono erano presenti tutte le più alte cariche del governo insieme al generale Djoko Santoso, capo di stato maggiore dell’esercito, e al generale Bambang Hendarso Danuri capo della polizia.
Secondo alcuni commentatori il presidente vuole mostrare il pugno di ferro per rispondere alle accuse di indecisione e insicurezza davanti alla minaccia terroristica, rinfocolate dai recenti attacchi ai due hotel di Jakarta di metà luglio.
La scelta di allertare il Bin e di coinvolgere nella nuova operazione anche gli ufficiali della cosiddetta Babinsa, le unità di intelligence che operano nei villaggi, è criticata però dagli attivisti per i diritti civili e dalle ong. Esse temono che le nuove disposizioni servano in realtà a controllare la vita pubblica nel suo complesso rieditando un sistema già usato nell’epoca di Suharto.
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