Indonesia, i nodi da sciogliere sulle bombe a Tentena
Vicino al mercato si trovavano 3 terroristi che dovevano essere in carcere; tra gli arrestati il capo della prigione di Poso; esercito preallertato dall'intelligence non è riuscito a localizzare le minacce di attacchi e sventarli.
Tentena (AsiaNews) Erano presenti 3 detenuti per terrorismo nei pressi del mercato di Tentena cittadina cristiana nelle Sulawesi centrali prima delle 2 esplosioni che il 28 maggio hanno ucciso 20 persone e ferite 50. Il fatto, reso noto questa notte a Poso dal capo della polizia delle Sulawesi centrali, Aryanto Sutadi, è solo l'ultima di alcune questioni che complicano il chiarimento di modalità e mandanti del grave attentato di sabato scorso in questa città indonesiana a maggioranza cristiana.
La scoperta della presenza dei 3 detenuti, che dovevano trovarsi in carcere e non in libertà, pone la domanda: come è potuto succedere?Questa si aggiunge ad altri aspetti dell'attentato ancora poco chiari e ambigui. La polizia ha fermato per caso un furgone sospetto. Dopo aver perquisito il mezzo ha trovato revolver e ha arrestato i 4 passeggeri: il capo del carcere di Poso, Hasman, a cui appartenevano alcune armi da taglio rinvenute nel van, i 2 terroristi Ahmad Lapariggi e Andi Makassau e una donna ancora non identificata. Un terzo terrorista, che come gli altri 2 doveva trovarsi in prigione, è stato visto vicino al mercato. Abdul Kadir, è cercato ora da polizia e esercito indonesiano (TNI).
Rais Adam, portavoce della polizia delle Sulawesi centrali, ha dichiarato che i responsabili dell'attentato di sabato scorso sono stati identificati, ma "servono prove prima di poterli processare".
Altra polemica e dubbi solleva il mancato intervento preventivo delle forze di sicurezza già preallertate da più fonti sulla minaccia attentati nella zona.
Il giorno dopo le esplosioni a Tentena, il generale Endriartono Sutarto, capo del TNI, ha detto che l'esercito già sapeva della possibilità di bombe in questo periodo, ma "aveva avuto difficoltà nel localizzarle e intervenire in tempo, in quanto le informazioni erano di intelligence". A questo si aggiungono i sospetti sul perché Usa, Inghilterra e Giappone avevano chiuso le loro sedi diplomatiche a Jakarta, Surabaya e Medan i giorni subito precedenti l'attentato a Tentena.
Una settimana fa mons. Peter Canisius Mandagi, vescovo di Amboina, Molucche, aveva avvertito i responsabili della sicurezza a Poso e dintorni di rimanere in piena allerta per possibili attentati. "Sono convinto ha detto il porporato che un unico gruppo terroristico agisce ad Ambon e Poso".
Dopo un incontro con i leader delle Chiese locali a Palu, J. Sidabutar, presidente del Forum delle chiese cristiane delle Sulawesi centrali (Bksuk) ha chiesto al governo di dichiarare ufficialmente l'attentato a Tentena tragedia nazionale. "Il numero delle vittime è alto - ha detto Sidabutar - e le conseguenze socio-politiche imminenti".
Le 2 bombe rappresentano il più grave attentato in Indonesia dopo le esplosioni a Bali del 2002, quando morirono 202 persone.
Mons. Yosephus Suwatan, arcivescovo di Manado, Nord Sulawesi, ha condannato l'attacco come "atto terroristico contro l'umanità". "Ho ordinato a tutte le parrocchie dell'arcidiocesi di pregare in modo speciale per le vittime di Tentenna" ha concluso. Tentena, Poso e Palu rientrano nella diocesi di Manado.