08/09/2023, 13.17
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India first o India out: il bivio delle elezioni alle Maldive

di Alessandra De Poli

Proprio mentri gli occhi del mondo saranno su New Delhi per il G20 domani si tengono anche le cruciali presidenziali nell'arcipelago dalle acque cristalline. Da sempre nazione filo-indiana, i rapporti diplomatici hanno cominciato a incrinarsi nel 2013 con l'annuncio della Belt and Road Initiative e l'elezione dell'ex presidente autoritario Abdulla Yameen. L'attuale capo di governo Ibrahim Solih è fiducioso di vincere al primo turno, ma per gli esperti non è da escludere un ballottaggio.

Milano (AsiaNews) - “India first” e “India out” sono i due principali slogan politici su cui i candidati presidenziali delle Maldive hanno giocato la loro campagna elettorale. Nella famosa meta turistica nota per le sue spiagge bianche e l’acqua cristallina si voterà domani. Proprio mentre il mondo ha gli occhi puntati sul G20 di New Delhi che si svolgerà anch’esso nel fine settimana senza la partecipazione del presidente cinese Xi Jinping, per l’India la partita diplomatica con il Dragone si gioca in realtà anche nell’arcipelago dell’Oceano Indiano, dove da qualche anno ormai le Maldive sono il campo di battaglia della competizione strategica tra Delhi e Pechino.

Dall’indipendenza del 1965 il governo di Malé è stato profondamente legato all’India, che ha sostenuto prima la dittatura, rimasta in piedi dal 1978 al 2008 (e durante la quale Delhi ha anche represso un colpo di Stato nel 1988), e poi ha appoggiato il primo presidente democraticamente eletto, Mohamed Nasheed. La cose hanno cominciato a incrinarsi nel 2013 con l’annuncio da parte del presidente Xi Jinping della creazione del progetto infrastrutturale della Belt and Road Initiative, e l’elezione del leader del Partito Progressista delle Maldive (PPM), Abdulla Yameen, che, condannato lo scorso anno per corruzione e riciclaggio di denaro, al momento sta scontando una pena detentiva di 11 anni. Nei suoi cinque anni di mandato Yameen ha favorito i progetti infrastrutturali cinesi (tra cui la creazione di una nuova pista di atterraggio nell’aeroporto della capitale e un ponte di collegamento tra due isole), ha siglato un accordo commerciale e chiesto ingenti prestiti a Pechino, rischiando di imprigionare l’arcipelago nella trappola del debito: nel 2018 i crediti ammontavano a 1,5 miliardi di dollari, una cifra non indifferente per un Paese il cui PIL è inferiore ai 9 miliardi dollari. Accusato di aver silenziato il dissenso e la stampa (durante il suo mandato due noti giornalisti sono stati assassinati), Yameen stesso è sfuggito a un tentato golpe per il quale è stato ritenuto responsabile anche il suo vice, condannato poi a 15 anni di prigione. 

L’arrivo al potere nel 2018 dell’attuale presidente Ibrahim Solih, del Partito Democratico Maldiviano (MDP) - formazione politica fondata in esilio durante la dittatura - è stato quindi accolto come un ritorno alla democrazia. Subito ha ritirato il Paese dagli accordi commerciali con la Cina attuando la politica “India first” e ha chiesto sostegno per ulteriori progetti all’India, aumentando anch’egli il debito estero della nazione insulare. Nel 2020 i turisti indiani hanno superato quelli cinesi ed europei, mentre durante la pandemia le Maldive sono state uno dei principali teatri di confronto della “diplomazia dei vaccini”, spediti gratuitamente in grandi quantità dai due giganti asiatici. In anni recenti, infatti, l’approccio dell’India alle Maldive è stato orientato a uno sviluppo che possa avere effetti concreti sulla vita dei maldiviani nelle isole: tutti gli atolli hanno ottenuto illuminazione pubblica, campi da gioco, ospedali e sempre più collegamenti infrastrutturali. Delhi ora ha in previsione una serie di progetti orientati alla riduzione della disoccupazione giovanile, il cui tasso nel 2019 era del 5,3%.

Ultimamente, tuttavia, anche la leadership di Solih è stata minata da scandali di nepotismo e corruzione, al punto da creare una frattura con il co-fondatore del partito, Nasheed - anch’egli profondamente critico riguardo le interferenze cinesi -, che a maggio ha dato vita a un nuovo partito dei Democratici, guidati dal più giovane candidato in corsa alle elezioni, Ilyas Labeeb, 44 anni (il 57% della popolazione delle Maldive ha tra i 18 e i 44 anni). 

Al posto di Yameen correrà invece, anche se con un altro partito, Mohamed Muizzu, già sindaco di Malé, orientato, come Yameen, a una maggiore collaborazione con Pechino, sebbene abbia evitato di criticare apertamente Delhi in campagna elettorale. 

Gli analisti politici ritengono che alle votazioni di domani, che vedono la presenza di otto candidati, lo scontro principale sarà tra il MDP e il PPM. Rappresentanti del MDP hanno dichiarato di essere fiduciosi di vincere “ehburunn” (in un solo turno). Per gli esperti, però, a causa della frammentazione delle alleanze, non è da escludere la possibilità di un ballottaggio, che potrebbe verificarsi se nessun candidato dovesse ottenere il 50% +1 delle preferenze.

Fino all'incarcerazione, Yameen ha continuato a sostenere la campagna di proteste “India out”, criticando la poca trasparenza degli accordi con Delhi e la presenza militare indiana, giocando inoltre sull’insoddisfazione contro Solih per l’aumento delle tasse. Lo scorso anno il governo, per tutta risposta, ha emesso un decreto presidenziale che vieta "campagne che incitano all'odio contro vari Paesi con slogan diversi". C’è da chiedersi se gli effetti di questa propaganda avranno un effetto duraturo anche nel caso di una vittoria di Solih. Di recente, per accaparrarsi voti della capitale, l’attuale amministrazione ha concesso migliaia di appezzamenti di terreno ai residenti di una città sovraffollata come Malé, colpita da una crisi abitativa.

Tuttavia, per gli esperti è anche importante sottolineare che, per la prima volta dal 2008, le elezioni delle Maldive si svolgono in un contesto relativamente meno teso rispetto al passato, in cui i candidati dell’opposizione non rischiano andare incontro a ritorsioni giudiziarie, nonostante gli osservatori internazionali abbiano sottolineato seri aumenti della corruzione all’interno del MDP al potere. I Democratici fondati da Nasheed e guidati da Labeed hanno inoltre dato segnali di poter collaborare con il PPM in caso di vittoria; una fatto che rappresenterebbe una novità assoluta per la nazione insulare.

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