In ricordo di mons. Padovese, martire che ha amato la Turchia
di Maria Grazia Zambon
Un ritratto del vescovo ucciso il 3 giugno scorso, la sua bontà fraterna con cristiani e musulmani; la sua tenacia a far rivivere le Chiese fondate da S. Paolo. Una meditazione da parte di una collaboratrice di mons. Padovese.
Iskenderun (AsiaNews) - Un fulmine a ciel sereno. Nel mio ufficio parrocchiale stavo ripensando al colloquio appena terminato con il Provinciale dei gesuiti in Medio Oriente – si parlava della piccola comunità cristiana in Turchia e del suo futuro in questa terra – quando arriva una telefonata dalla Francia che in un italiano stentato, mi chiede se è vero che era stato ammazzato mons. Padovese. Mi sento rabbrividire e rimbrotto: “Ma che razza di scherzo é questo?”.
“Cosi scrivono le agenzie turche e volevamo averne conferma”, ribadisce la donna dall’altra parte della cornetta, pregandomi di interessarmi della veridicità della notizia. Da qui il tam tam delle telefonate, ricevendo solo un’amara e sconcertante risposta: “É vero”. Solo una mezz’ora prima l’autista del vescovo Luigi Padovese, un giovane 26enne, non sposato, turco e musulmano, aveva accoltellato e sgozzato colui da cui aveva sempre ricevuto solo del bene.
Sul perché rimangono profondi dubbi fatti di luce e di ombre inspiegabili, confessioni bizzarre e contradditorie dell’omicida.
La triste e dolorosa verità é che il Vicario episcopale dell’Anatolia, pastore e guida di un gregge che ora si sente smarrito impaurito e sgomento, non c’é più.
Avvolti in un pesante silenzio, i suoi cristiani hanno cominciato ad arrivare in Vicariato, nella sua casa qui ad İskenderun - una città portuale nel sud della Turchia ai confini con la Siria -alla spicciolata, per cercare di capire, per sentirsi uniti tra loro, per ricevere conforto, per pregare per l’anima del loro amato vescovo.
Un uomo colto e semplice
Uomo colto, uno studioso che ancor prima di diventare vescovo di questa Chiesa, ha amato la Turchia, questi luoghi dove il cristianesimo si é sviluppato e teologicamente strutturato con le prime comunita cristiane e i primi concili. Impegnato a far conoscere la storia di questa terra attraverso simposi, convegni, guide per pellegrini e turisti e pubblicazioni così numerose da essere difficilmente elencabili.
Ma anche uomo semplice, alla mano, umile persona della carità impegnato ad aiutare i poveri i sofferenti, i bisognosi attraverso il prezioso strumento della Caritas. Uomo dalle buone relazioni.
Sapeva parlare ai semplici e ai dotti, agli uomini di cultura e alle autorita civili e religiose.
Aveva una parola buona per tutti e si intratteneva amabilmente con i numerosi pellegrini che giungevano in questi luoghi da tutto il mondo.
Basterebbe sfogliare i numerosi fax e le email che stanno giungendo in questi giorni in segno di condoglianze e dolore partecipato, per intuire almeno un poco la fitta rete di relazioni che era riuscito ad intessere un po’ ovunque.
Uomo del dialogo ecumenico e interreligioso, basti ricordare gli ottimi rapporti con il mufti della regione e la profonda amicizia con Sua santità Bartolomeo I e tutti i vescovi e fratelli ortodossi e protestanti.
Testimone del Vangelo fra le difficoltà
Uomo appassionato della vita, ma ancor più del Vangelo diffuso prima di tutto in questa terra non certo facile.
Cosi scriveva ai suoi fedeli nella sua Lettera Pastorale di due anni fa: “Fratelli carissimi, il Signore Nostro vi doni la pace. Prego perché questa sua pace sia sempre con voi. Il compito di un vescovo non é solo quello di interessarsi delle persone che gli sono state affidate, istruirle e guidarle, ma anche e soprattutto pregare per loro. So bene come sta diminuendo il numero della comunita cristiana in Anatolia, vedo bene le sue necessità e sono consapevole del bisogno della preghiera reciproca. Sono quasi tre anni che la bonta del Signore mi ha mandato tra voi. Non posso certo dire che sono stati anni facili. Molti problemi e preoccupazioni hanno cacciato la mia tranquillità e anch’io come Pietro in mezzo al mare ho gridato al Signore: “Aiutami sto affogando”. Ma nello stesso tempo devo dire che ringrazio il Signore per essere stato con voi e per essere stato un pezzo della nostra Chiesa in Anatolia. Le difficoltà che ho vissuto forse dimostrano veramente quanto ho amato o no questa comunità”.
E conclude: “Vi invito a leggere le lettere di san Paolo e sia lui sempre la guida delle Chiese in Anatolia da lui fondate e interceda presso Dio perché come Lui possiamo testimoniare il Vangelo”.
L’ho voluto vedere un’ultima volta. Là in obitorio nella bara di zinco avvolto nella sua talare episcopale con un semplice rosario di legno tra le mani. Il volto sereno, nonostante i colpi violenti e la dolorosa agonia, sgozzato come un agnello.
Quel volto limpido e luminoso di sempre, pacifico e pacificante.
Intercedi per noi, p.Luigi, intercedi per la tua Chiesa, per la gente che qui hai amato e stimato. Quello che non sei riuscito o non hai potuto fare quaggiù, fallo ora dal Cielo.
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