In prigione perché difende le vittime del terremoto del Sichuan
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Sono tre volte che Pu Wenqing, 74 anni, va da Neijiang a Chengdu, capitale del Sichuan, per chiedere la liberazione per motivi di salute del figlio Huang Qi, menomato per i pestaggi subiti in precedenti detenzioni. Huang è in carcere da giugno, per avere difeso i diritti dei genitori dei bambini morti sotto le scuole crollate nel terremoto del 12 maggio.
E’ un viaggio di 200 chilometri e Pu racconta al South China Morning Post di essere “molto stanca: al ritorno ho dormito un intero giorno”.
Huang (nella foto con il figlio), fondatore del sito web sui diritti umani 64Tianwang, ha preso le parti dei genitori, in gran parte contadini con poca istruzione, e ha raccontato molte malefatte avvenute nei soccorsi del dopo-terremoto. Il 10 giugno lui e altri due attivisti sono stati caricati con la forza su un’auto. Gli altri due sono stati rilasciati, ma Huang è detenuto per “possesso illegale di segreti di Stato”. Il 18 luglio gli è stato negato un avvocato, perché – dicono le autorità – le indagini sono ancora in corso e ha diritto ad avere un avvocato solo dopo due mesi.
Pu racconta che “sono due mesi che non lo vedo. Non so nemmeno se è stato percosso di nuovo dalle guardie, come in precedenza”.
Huang è stato già detenuto dal 2000 al 2005 per sovversione, dopo che nel suo sito web ha parlato della corruzione nel governo, delle violazioni dei diritti e ha chiesto il rilascio di chi è ancora detenuto per i fatti di piazza Tiananmen del 1989. In carcere è stato picchiato e ha riportato menomazioni quali atrofia cerebrale e ingrossamento e infiammazione del cuore. Nel 2004, mentre era in carcere, Reporters senza frontiere gli ha assegnato il premio Cyberlibertà 2004. Ma dopo il rilascio ha ripreso la lotta e ha aperto il Centro Tianwang per i diritti umani. Nonostante le preghiere della madre di fare qualcos’altro. “Mi rispondeva – ricorda - che ogni giorno tanta gente veniva da lui per chiedere aiuto”. Mostra le foto di qualche “problema” di cui si è occupato: un bambino rapito, contadini la cui terra è stata confiscata, altri che sono stati cacciati da casa.
“Ama il suo Paese, da quando era piccolo, ama la gente e si dedica con passione” ad aiutarla. “Quando ha visto tanti bambini morire [nel terremoto], ha deciso di parlarne, anche per attirare l’attenzione dei leader centrali. Ma penso che questo coinvolga funzionari locali corrotti, che lo hanno fatto arrestare”.
Le scuole sono crollate subito senza dare tempo agli studenti di fuggire , mentre altri edifici intorno sono rimasti in piedi, e i genitori accusano che sono state costruite male da funzionari corrotti.
La moglie di Huang lavora a Pechino, ma guadagna troppo poco per provvedere da sola all’intera famiglia. Il figlio, 16 anni, vive con i nonni e va a scuola a Neijiang. Fra un anno farà l’esame di ammissione all’università e Pu teme che, se qualcuno gli impedirà l’accesso, “noi non potremo pagare un’università privata”. Ma ha fiducia nel suo Paese e ripete che “se Wen Jiabao e Hu Jintao sapessero la nostra situazione, di certo ci aiuterebbero”.
Ma Pechino è lontana. Come pure suonano remote le parole del presidente del Comitato olimpico Jacques Rogge che ieri, durante l’inaugurazione, ha ricordato “il tragico terremoto del Sichuan”, “il grande coraggio e la solidarietà del popolo cinese”. Come appare lontana l’icona della pallacanestro Yao Ming, portabandiera olimpico per la Cina, che ieri ha marciato nello stadio insieme a Lin Hao, 9 anni del Sichuan, piccolo eroe che durante il terremoto ha aiutato i suoi compagni di scuola rimasti sotto le macerie.