17/05/2006, 00.00
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In carcere il dissidente iraniano Jahanbegloo

di Dariush Mirzai

Laureato alla Sorbona e ad Harvard. I servizi segreti lo accusano di "relazioni con stranieri", ma il vero scopo è spaventare i critici del regime.

Teheran (AsiaNews) - "Brutta notizia per la libertà d'espressione in Iran", viene definito dall'intellettuale Mohsen Kadivar, esprimendo l'opinione dei colleghi iraniani, l'arresto di uno di loro, il filosofo e politologo Ramin Jahanbegloo (nella foto).

All'inizio, come spesso accade in Iran, c'erano le voci nelle università, nelle redazioni e nelle ambasciate: sparito Jahanbegloo, detenuto in un posto ignoto. Procedura arbitraria tipica in Iran, prima che le agenzie iraniane confermino i fatti, precisando che lo studioso, laureato alla Sorbona e ad Harvard è sotto l'accusa di spionaggio e di delitti contro la sicurezza. Accuse vaghe, con il rischio di pene severissime. E ancora l'arbitrio: il Ministro incaricato dei servizi segreti, un religioso, l'hojjatoleslam Gholam Hossein Hohseni Ejeie, avrebbe dichiarato che l'arresto, avvenuto all'aeroporto di Teheran il 3 maggio, era motivato dall'accusa di "relazioni con stranieri". Forse ancora più significativa la prima reazione del Ministro della cultura e dell'orientamento islamico, Hossein Saffar Harandi: "stiamo cercando di chiarire le ragioni di quest'arresto e abbiamo chiesto alla Giustizia di informarci".

Con quest'arresto, le autorità iraniane vogliono probabilmente far paura ai dissidenti, far piacere agli estremisti e dare anche un segnale all'Occidente, in particolare al Canada. Jahanbegloo è irano-canadese. Adesso si trova adesso nella prigione di Evin, di sinistra fama. Proprio là è stata assassinate la celebre fotografa canadese d'origini iraniane Zahra Kazemi, un caso che la diplomazia canadese continua a seguire in modo molto attivo e coraggioso. Nello stesso carcere di Evin sono già stati incarcerati, maltrattati, talvolta torturati, una schiera di scrittori, giornalisti, avvocati, attivisti politici, sindacalisti, artisti. Un giorno magari diverrà un memoriale, proprio come quel Museo delle cere istallato dopo la rivoluzione islamica nell'ex carcere della polizia dello Scià (la Savak), nel quartiere dei Ministeri.

Jahanbegloo si dichiara dissidente, quando scrive: "la questione della modernità globalizzata e il suo confronto con il concetto di tradizioni iraniane è divenuta la questione centrale per gli intellettuali iraniani, 25 anni dopo la rivoluzione iraniana. Per la nuova generazione degli intellettuali iraniani, la rivoluzione di ieri è divenuta la dissidenza d'oggi. »

Varie sono le ipotesi sui motivi precisi che hanno motivato l'arresto di Jahanbegloo: forse una dichiarazione, un'intervista, un articolo di troppo? Ramin Jahanbegloo non avrebbe magari dovuto raccontare al giornale El Pais la sua visita ad Auschwitz e parlare della  "nostra responsabilità di testimoniare l'inqualificabile di Auschwitz"? O non avrebbe dovuto polemizzare all'interno contro gli "intellettuali religiosi"? Forse è meglio non speculare troppo sulle "linee rosse" da non varcare: sarebbe dare troppo rispetto all'arbitrario, sarebbe rafforzare l'auto-censura, che è uno degli scopi dell'arresto di Jahanbegloo. "Il problema - dichiara un intellettuale iraniano - è che non si sa mai dove sono i limiti. Bisogna indovinare". Quei limiti non sono neppure fissati chiaramente dal regime: i limiti si modificano secondo le circostanze, alcuni circoli hanno più tolleranza di altri. E i vari centri del potere lottano tra loro. Coloro che controllano "i limiti" e hanno arrestato Jahanbegloo sono probabilmente gli stessi che, talvolta, decidono l'espulsione d'intellettuali stranieri appena arrivati, nonostante inviti ufficiali e visto in regola.

Il problema di Jahanbegloo è di avere ragione contro coloro che vivono nelle proprie illusioni o che diffondano pie menzogne (taqqiyya), come l'ayatollah Ahmad Jannati, che venerdì scorso predicava, dicendo che l'analisi d'Ahmadinejad nella sua lettera a Bush è stata "ispirata da Dio". Contrasta veramente con l'analisi di Jahanbegloo: "Liberalizzare la società civile iraniana probabilmente darebbe più moderazione alla politica estera dell'Iran. Oggi, l'Iran è un Paese che vive una transizione dolorosa verso la democrazia e l'unico Paese musulmano dove la gente si allontana velocemente dall'Islam radicale. Nonostante tutte le pressioni dall'interno e dall'esterno e nonostante gli assalti della 'destra' religiosa, il movimento democratico sopravive. L'Iran sarà probabilmente un Paese molto differente fra cinque o dieci anni. L'islam diverrà meno importante come principio di governo e la società sarà più pluralistica. Ciò che rende l'Iran così interessante è che non si tratta di una vera democrazia, ma che non è neppure una vera teocrazia islamica".

Oggi 17 maggio, nelle prime pagine della stampa iraniana, non si parla di Jahanbegloo. I titoli sono tutti dedicati alla Guida Suprema, con sue dichiarazioni da meditare: "La Suprema Guida critica i media internazionali perché ignorano le tragedie umane" (Iran News), "I media promuovano i valori umani" (Iran Daily). Chissà se i giornali sono distribuiti nelle celle di Evin?

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