In Vietnam l'Apec ha pensato solo ai soldi e non ai diritti umani
Vo Van Ai, presidente del Comitato vietnamita per i diritti dell'uomo e portavoce della Chiesa buddista unificata accusa governi e media occidentali.
Parigi (AsiaNews) L'appena concluso vertice dell'Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation), che si è tenuto ad Hanoi il 18 e 19 novembre, ha confermato che, per quanto riguarda il Vietnam, l'attenzione del mondo occidentale, ed in particolare degli Stati Uniti è solo per le questioni economiche, senza alcuna preoccupazione per la mancanza di rispetto dei diritti umani. L'accusa è lanciata da Vo Van Ai, presidente del Comitato vietnamita per i diritti dell'uomo e portavoce della Chiesa buddista unificata, bandita dal regime.
In una lettera aperta indirizzata i 21 rappresentanti degli Stati presenti, Vo Van Ai li invitava a non limitarsi alle questioni commerciali. "Senza una evoluzione democratica scriveva - lo sviluppo economico non può che portare ad un vicolo cieco". A suo giudizio, solo i movimenti religiosi premono per un cambiamento del Partito comunista nel senso di una sua apertura.
"Certamente ha spiegato in un'intervista al Courier international - il Vietnam si vanta di registrare un tasso di crescita del 7 o 8%, ma non è un segno di stabilità. Anche se, ovviamente, la situazione del Paese è migliorata rispetto a 20 anni fa, i cambiamenti economici non hanno migliorato in modo decisivo il livello di vita degli abitanti. Ad Hanoi, Ho-Chi-Minh City e nelle altre grandi città le cose sono cambiate, ma l'80% della popolazione vive nelle campagne. E sono a livello della soglia di povertà".
Ad avviso dell'esponente vietnamita, un reale cambiamento, frutto di una vera apertura, ci sarà solo quando il Partito comunista sarà disposto a trattare con i buddisti. "Le religioni hanno un posto importante nella società vietnamita ed essi costituiscono i soli movimenti a chiedere la democratizzazione del comunismo. La repressione è la durissima conseguenza che subiscono i capi buddisti".
Anche i media occidentali, chiede Vo Van Ai, dovrebbero parlare anche delle questioni sociali e dei diritti umani in Vietnam, in modo che i Paesi che ci aiutano, facciano pressioni. Dovrebbero porre condizioni per continuare ad offrire il loro sostegno. "Ad inizio anno, ad esempio, c'è stata una grande ondata di scioperi nelle zone industriali. In due mesi ci sono stati 150 blocchi, ai quali hanno preso parte 140mila operai. Non c'è un sindacato libero. Il salario minimo è passato da 23 a 25 dollari, qualche agitatore è stato arrestato e tutto è rientrato nell'ordine. E i media occidentali non hanno praticamente parlato di questo movimento".
25/02/2020 11:15