In Medio Oriente ci si chiede se sta cambiando la politica Usa nella regione
Sharm El-Sheikh (AsiaNews) – Un colloquio “franco e chiaro” secondo il ministro degli esteri siriano Walid al-Moallem, “professionale, pragmatico e veramente concreto” a giudizio del segretario di Stato Usa Condoleezza Rice, che ha aggiunto: “lui non ha tenuto una conferenza a me e io non l’ho tenuta a lui”. Atteso, temuto e sperato, il colloquio avvenuto ieri pomeriggio a Sharm El-Sheikh, in margine alla conferenza sull’Iraq, tra i massimi responsabili della politica estera siriana e statunitense rappresenta l’incontro al più alto livello tra i due Paesi dal gennaio 2005, ma soprattutto sembra confermare il nuovo atteggiamento di apertura da parte di Washington verso Damasco. Finora accusata di spalleggiare il terrorismo internazionale e quindi oggetto di una politica di “isolamento”, la Siria ora viene riconosciuta importante per gli equilibri dell’intero Medio Oriente e soprattutto se ne vuole indebolirne l’alleanza con l’Iran.
Qualcosa sembra si stia muovendo anche a Damasco, preoccupata per l’isolamento internazionale e per le conseguenze che potrebbe avere sul regime di Assad la decisione dell’Onu di istituire un tribunale internazionale che giudichi i responsabili dell’assassinio dell’ex premier libanese Rafic Hariri, nel quale è generalmente ritenuta coinvolta. Ieri sera la controllatissima agenzia governativa Sana, nel dare notizia del colloquio, ha aggiunto che “entrambe le parti hanno esaminato i rapporti bilaterali tra Siria e Usa e l’importanza di svilupparli a servizio della pace, della sicurezza e della stabilità nella regione”.
Da parte sua la Rice ha dichiarato “noi non vogliamo avere relazioni difficili con la Siria, ma è necessaria una certa base per migliorarle”. Contemporaneamente, intanto, il generale William Caldwell, portavoce militare americano a Baghdad, riconosceva che Damasco “si era un po’ attivata” per impedire l’afflusso di terroristi in Iraq e che esso “è diminuito”, mentre ieri sera la Siria ha annunciato di aver compiuto nelle ultime settimane una serie di operazioni contro uomini legati ad Al Qaeda in Iraq.
L’incontro Rice-Moallem è oggi al centro dell’attenzione dei giornali mediorientali. Oltre ad offrire ampi resoconti, quelli libanesi rilevano che sia al-Moallem, che “un funzionario americano” hanno dichiarato che non si è parlato del Libano, anche se la questione del tribunale internazionale sta per arrivare al Consiglio di sicurezza.
In Israele, sempre sensibile a ciò che accade a Damasco – ultimamente accusata di aver costruito una grande base missilistica sotterranea - il Jerusalem Post riporta affermazioni di “fonti governative”, secondo le quali non si è parlato di Gerusalemme. Secondo tali fonti, la ragione dei colloqui era la legittima preoccupazione statunitense per l’Iraq e Israele non vede nulla di negativo nel fatto che gli Stati Uniti vogliano parlare con la Siria dell’Iraq e del radicalismo islamico. Ma l’incontro, anche se “rappresenta un cambiamento della politica statunitense”, “non è un negoziato”.
Oggi a Sharm El-Sheikh si parla anche di un possibile colloquio a due tra la Rice ed il ministro degli esteri iraniano Manouchehr Mottaki. I due ieri sedevano a pranzo allo stesso tavolo e si sono salutati.
Stati Uniti ed Iran non hanno rapporti diplomatici dal 1979.