Il vescovo John Joseph, “una voce potente nel silenzio”
In occasione del nono anniversario della morte di mons. Joseph, suicidatosi per richiamare l’attenzione del mondo sul dramma della legge sulla blasfemia, si è svolto a Faisalabad un incontro che ha ricordato “la voce degli emarginati, l’urlo che ha squarciato il velo dell’estremismo”.
Faisalabad (AsiaNews) – Il defunto vescovo di Faisalabad, mons. John Joseph, “era la voce degli emarginati, un esempio di coraggio e di dedizione evangelica” ed il suo sacrificio è stato “come un urlo, teso a squarciare il velo del silenzio che copriva l’estremismo”. In occasione del 9° anniversario della sua morte, i cattolici ed i musulmani della città hanno ricordato così mons. Joseph, , suicidatosi nel 1998 per dimostrare al mondo il dramma e l’ingiustizia della “legge sulla blasfemia”, il decreto che punisce chi offende l’islam, il suo profeta ed i suoi testi sacri.
Per dare più forza alla sua lotta e richiamare l'attenzione del mondo sulle tante ingiustizie subite dalla comunità cattolica pakistana, il 6 maggio del '98 il presule si è suicidato all'entrata del tribunale di Sahiwal, dove si celebrava il processo ad Ayub Masih, cattolico poi condannato a morte senza prove.
Durante l’incontro diocesano, che si è svolto il 5 ed il 6 maggio scorso, i partecipanti hanno ricordato come “nel corso della sua opera pastorale, mons. John Joseph si è sempre battuto contro il fondamentalismo e l'intolleranza religiosa”. L'attuale vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, ha sottolineato come il suo predecessore abbia “sempre offerto se stesso contro la persecuzione del suo popolo. Lo ha fatto in piena coscienza e con dedizione, e per questo è rimasto sempre fedele al suo impegno. La sua grande personalità è una pietra miliare per noi, uno stimolo nel cammino della giustizia e della pace”.
“Era la vera voce dei discriminati pakistani", ha sostenuto dal canto suo p. Aftab James, direttore diocesano della Commissione nazionale per il dialogo interreligioso e l’ecumenismo. Mons. Joseph, ha proseguito il religioso, "ha rotto la cultura del silenzio ed ha parlato contro l’estremismo quando nessuno osava farlo. Non dobbiamo minimizzare il suo esempio con incontri ed anniversari: dobbiamo vivere sulla sua traccia”.
Per l’avvocato musulmano Shamim Khataq, il defunto vescovo era “un Shaheed-e-Azam [un grande martire ndr], un amico di tutti, senza distinzione di setta o religione. Gli voglio bene e lo rispetto molto, perché ha sempre parlato della dignità dell’uomo. Lo ricorderò per tutta la vita”. Il vice ispettore generale della città, il dott. Shafiq (anche lui di fede musulmana), ha aggiunto: “Ho passato con lui 21 anni, e posso dire che era un grande uomo. Non ha mai espresso sentimenti di odio per altre culture o religione ed il fatto che abbia sempre mantenuto ottimi rapporti anche con i protestanti mi ha molto colpito: non ho mai trovato questa fratellanza fra le sette dell’islam”. (QF)
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