Il vertice tra Beirut e Damasco non ha eliminato tutti i dubbi
di Fady Noun
E’ positivo l’annuncio dello stabilimanto di normali rapporti diplomatici, ma restano gli interrogativi su quale sia il reale atteggiamento di Assad. Un dossier che resta aperto e che va dalla definizione dei confini all'assassinio di Rafic Hariri.
Beirut (AsiaNews) – E’ serenamente che i libanesi hanno accolto la notizia di un prossimo scambio di ambasciatori tra Libano e Siria, secondo una decisione che figura in apertura del comunicato congiunto pubblicato a conclusione del vertice tra i presidenti Bachar al-Assad e Michel Suleiman. Nessuno ha fatto festa. Non ci sono stati spari di gioia, né fuochi d’artificio. La vita normale ha prosegito il suo corso.
Certamente, per il Libano è un dono considerevole, atteso dal 1943, anno dell’indipendenza nazionale- E’, si dice, questione di settimane. Ma tutto questo ariva notevolmente in ritardo, e la gioia di vedere l’antica potenza dominatrice riconoscere alla fine l’indipendenza del Libano non può cancellare 30 anni di lotte, di ingerenze e sofferenze che questo obiettivo è costato, prima di essere realizzato.
Beninteso, tutti vogliono credere alla buona notizia, tutti vogliono credere alla bacchetta magica di Doha, ma tutti si chiedono anche quanto tempo quesgto felicità durerà. La guerra ha insegnato ai libanesi ad essere scettici, a non prendere lucciole per lanterne. Un po’ come san Tommaso, a loro le parole non bastano più, vogliono toccare per credere.
Lo vogliono tanto di più, dato che dalla bocca del ministro degli esteri siriano, Walid Moallem, hanno ascoltato echi di una terminologia che li allarma. Moallem ha parlato di «relazioni privilegiate» tra Libano e Siria, una espressione che rimanda direttamente a quel Trattato di cooperazione, di coordinamento e di amicizia imposto al Libano nel 1991, in virtù del quale era stata creata una strutture a vocazione confderale, l’Alto comitato libano-siriano. Il «Trattato di fratellanza e cooperazione » sanciva « il più alto grado c coordinamento » in campo politico, economico e di sicurezza tra Libano e Siria.
Ciliegina sulla torta, a leggere il comunicato del vertice è stato il segretario generale di questo Alto comitato, Nasri Khoury. Poco rassicuramte, è il minimo che si può dire, agli occhi di quei libanesi che reclamano la pura e semplice abrogazione del Trattato di fratellanza.
Gli osservatori in Libano notano, giustamente, che il rassrenamento del clima regionale e quello dei rapporti tra Libano e Siria arriva mentre in una buona parte delle forze politiche libanesi continua a mancare la fiducia verso la Siria. Sintomatica di questa sfiducia, la dichiarazione del capo della potente Corrente del futuo, Saad Hariri, che ha detto senza mezze misure ai giornalisti che non andrà in Siria. Almeno finché non sarà stabilita la verità sull’assassinio di suo padre Rafic Hariri (14 febbrario 2005) e che non saranno eliminati i sospetti che pesano sul regime siriano per questo attentato e per quelli che sono venuti dopo.
Il ristabilimanto della fiducia, a tale riguardo, dipende in gran parte dalle conclusioni dell’inchiesta internazionale, mirante a chiarire le circostanza dell’uccisione di Rafic Hariri. Il rapporto quasi finale di tale commissione è atteso prima della fine di quest’anno, data alla quale dovrebbe essere insedato all’Aja, in Olanda, il tribunale speciale chiamato ad esaminare indizi e prove che la commissione ha potuto raccogliere in tre anni di lavoro assiduo e con mezzi considerevoli. I leader della maggioranza, che sostengono la responsabilità siriana nell’attentato non potrebbero da un momento all’altro cominciare a sorridere a coloro che, poco prima, essi considerano degli assassini, senza screditarsi completamente.
Il prosieguo degli avvenimenti dipenderà, in Libano, da diversi fattori. Evidentemente dall’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Ma anche dall’andamento dei negoziati indiretti tra Siria e Israele, che potrebbero sfociare, nel 2009, in trattative dirette. Un abbassamento della tensione tra gli Stati Uniti da una parte, l’Iran e la Siria dall’altra, potrebbe modificare la situazione regionale e locale e portare a cambiamenti di alleanze.
Quanto al Libano, oltre al sospetto che pesa sul regime siriano, la sfiducia regna anche tra la maggioranza parlamentare e l’opposizione, Hezbollah in testa. Ne sono la prova i violenti scambi verbali che hanno segnato il recente voto di fiducia al nuovo governo. La Siria continua ad inquietare, specialmente a causa della sua mancanza di trasparenza. Così, essa si rifiuta di delimitare la frontiera nella regione di Sheeba, e ciò impedisce al Libano di chiedere per vie diplomatiche la restituzione di questa parte del suo territorio occupata da Israele. Le armi di Hezbollah ed il rapporto organico tra il Partito di Dio e l’Iran, tramite la Siria, creano sempre problema agli occhi di molti libanesi. E non è stata regolata la questione dei libanesi spariti in Siria, circa 650. Se si aggiunge a questo dossier quello del terrorismo, che ha appena colpito l’esercito a Tripoli, è chiaro che i mesi a venire non saranno di tutto riposo, in attesa delle elezioni politiche della primavera del 2009, che debbono fornire una maggioranza incontestabile e determinare nel tempo l’avvenire del Libano. Sarà interessante, su questo piano. seguire il cammino del presidente Suleiman. Riuscirà a creare una « terza via » in Libano ?
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