Il settimanale cattolico Herald torna a pubblicare, ma non può scrivere la parola Allah
Una comunicazione contraddittoria del ministero degli interni permette la stampa del settimanale per il 2009 ma lascia aperta la possibilità di riaprire il caso e quindi il rischio di chiusura. L’inizio della vicenda risale al dicembre 2007 con il divieto di usare la parola Allah. Da allora il governo ha ritrattato più volte la sua posizione.
Kuala Lumpur (AsiaNews) - Nuova pagina nella vicenda dell’Herald, unico settimanale cattolico del Malaysia, che dal dicembre 2007 ha aperto un contenzioso con il governo che vuole vietargli l’utilizzo della parola “Allah” per indicare “Dio”.
Il 31 dicembre il ministero degli interni ha inviato via fax alla redazione una lettera in cui dà il permesso di stampare, per un altro anno, le edizioni in diverse lingue tra cui anche il locale bahasa malaysia. La stessa comunicazione contiene però anche un divieto: viene proibito l’uso del bahasa malayu, la lingua locale scritta con caratteri arabi.
Il settimanale informerà i lettori degli sviluppi della vicenda con un editoriale del numero datato 11 gennaio. In esso la redazione manifesta le sue perplessità davanti alla comunicazione se non contraddittoria, quanto meno ambigua, inviata dal ministero. L’Herald infatti non ha mai usato i caratteri arabi per la sua pubblicazione nella lingua malaysiana. Il divieto risulterebbe perciò superfluo, ma visti i più recenti trascorsi la redazione si chiede “cosa il ministero sta cercando di dirci?”.
La vicenda del settimanale, che risponde alla diocesi di Kuala Lumpur, si è aperta ormai più di un anno fa con il divieto intimato dal governo di non utilizzare il termine Allah nelle sue pubblicazioni. L’uso della parola “da parte di non islamici - recitava allora la proibizione - può far crescere tensioni e creare confusione fra i musulmani del Paese”.
Pur dovendo subire periodi di chiusura l’Herald ha continuato ad essere pubblicato e nel frattempo l’arcivescovo della capitale, mons. Murphy Pakiam, ha portato il governo in tribunale per cercare di ottenere chiarezza sulla vicenda. Il sistema legislativo del Paese concede ampi spazi di interpretazione poiché a livello federale-civile è regolato dalla Costituzione, ma prevede anche un livello giuridico-religioso che dovrebbe essere competente solo per i musulmani ed è regolato dalle leggi coraniche.
Basandosi sulle ambiguità generate da questo doppio binario anche i Consigli religiosi islamici di sette stati malaysiani e la Malaysian Chinese Muslim Association (Macma) si sono costituiti come parte in causa alla vicenda che pare non avere fine.
Secondo l’Herald la comunicazione contraddittoria del ministero nasconde il tentativo di non dirimere il contenzioso in modo definitivo. La reticenza del ministero nel offrire chiarimenti preoccupa la redazione su cui continua ad aleggiare lo spettro della chiusura. Oltretutto il governo ha permesso di tornare a pubblicare l’edizione in bahasa malaysia, ma non di usare la parola Allah riservandosi di decidere più avanti in merito.
Come si legge nell’editoriale di prossima pubblicazione, l’edizione in bahasa malaysia è la più letta perché raggiunge 600mila degli 800mila lettori del settimanale. La lingua locale è infatti la più diffusa tra la popolazione che ha ricevuto una educazione di base, i cosiddetti bumiputera termine derivato dal sanscrito che significa “figli della terra”.
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