15/02/2025, 11.01
LIBANO
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Il ritorno di Saad Hariri in un Libano sempre più instabile

di Fady Noun

Nel ventesimo anniversario dell'assassinio di suo padre, il leader sunnita ha annunciato a Beirut il rientro in politica. Ma le incertezze sul ritiro israeliano e i funerali di Nasrallah fissati per il 23 febbraio avvelenano il clima: incendiato convoglio Unifil, ferito il vice-comandante, un militare nepalese.

Beirut (AsiaNews) - È una settimana strana per il Libano quella che si è aperta ieri, 14 febbraio, con la ventesima commemorazione dell'assassinio del primo ministro Rafik Hariri (2005) e l'annuncio del ritorno in politica del figlio Saad dopo tre anni di difficile traversata del deserto.

Strana perché include altre due date decisive per il Libano: il presunto ritiro definitivo dell'esercito israeliano dal territorio libanese, il 18 febbraio; i funerali, che si vorrebbero grandiosi, il 23 febbraio, di Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, e del suo successore, Hachem Safieddine, uccisi nei massicci bombardamenti israeliani dei loro due bunker sotterranei lo scorso autunno.

Ed è dentro a questo quadro che va visto anche un attacco avvenuto ieri sera nei quartieri sciiti a un convoglio dell’UNIFIL, la forza di pace dell’Onu, con il ferimento del suo vice-comandante, un militare nepalese.

La giornata era iniziata con la mossa di Saad Hariri che ha inaugurato una nuova era politica per il Movimento del Futuro, nella ricerca di arrivare con Hezbollah a rapporti di forza più adatti alla nuova situazione regionale. Dopo essersi inchinato sulla tomba del padre e aver recitato la Fatiha, il leader sunnita si è rivolto all'enorme folla di oltre 80mila persone accorse in Piazza dei Martiri: “È giunto il momento per me di tornare e stare al vostro fianco. Guardate dove sono oggi coloro che hanno cercato di uccidere il piano di Rafik Hariri il 14 febbraio 2005”, ha detto ai suoi sostenitori, venuti ad accogliere il suo ritorno dopo aver abbandonato ogni attività politica in un momento in cui Hezbollah aveva in mano le leve del potere in Libano.

L'ex primo ministro, che si è presentato come leader di una corrente di “moderazione, convivenza e priorità del Libano”, ha proclamato il suo sostegno al progetto di ricostruzione delle istituzioni libanesi e dello Stato di diritto sotto la presidenza di Joseph Aoun. Ha invitato Hezbollah a liberarsi del suo passato “ostruzionista” e a facilitare l'avvento di questo nuovo giorno politico.

Commentando le polemiche suscitate dal piano di Donald Trump per la Striscia di Gaza, Saad Hariri si è detto d'accordo con tutti i Paesi arabi che ritengono che “il problema non possa essere risolto a spese di Egitto, Giordania e/o Arabia Saudita”. Ha inoltre chiesto di stabilire le migliori relazioni possibili “su un piano di parità” tra il Libano e il nuovo regime siriano.

Nuove giornate ad alta tensione

Si potrebbe pensare che il ritorno in politica di Saad Hariri sia un segno di stabilizzazione del Libano, se questo sviluppo positivo non fosse oscurato da due scadenze complementari che riguardano lo Stato ebraico e Hezbollah: il ritiro dell'esercito israeliano dal Libano il 18 febbraio e la sepoltura dei due leader del movimento sciita.

Le informazioni di Tel Aviv e Washington sul ritiro israeliano rimangono contraddittorie. Secondo l’agenzia Afp, l'esercito israeliano si sarebbe detto pronto a ritirarsi dal territorio libanese nei tempi previsti. Poche ore prima, però, il presidente del Parlamento, Nabih Berry, aveva dichiarato di essere stato informato dagli Stati Uniti che Israele si sarebbe ritirato il 18 febbraio, ma che il suo esercito sarebbe rimasto schierato su cinque alture strategiche di confine, rifiutando di permettere al contingente francese dell'UNIFIL di gestire questi posti di osservazione. 

Questa decisione israeliana è considerata da Hezbollah una violazione della Risoluzione 1701, soprattutto perché l'esercito israeliano ha sfruttato il cessate il fuoco per radere al suolo i villaggi di confine, con il chiaro intento di creare una zona cuscinetto spopolata tra Israele e Libano.

Hezbollah ha poi avuto la goffaggine di programmare i funerali solenni di Hassan Nasrallah e Hachem Safieddine per il 23 febbraio alla Cité Sportive di Beirut. Un evento che vuole essere grandioso e al quale ha invitato delegazioni dall'estero, in particolare dall'Iran.

Crisi all'aeroporto

Per questo motivo il 13 febbraio, reagendo alle minacce di bombardare l'aeroporto rivolte da Washington al Libano, le autorità aeroportuali libanesi hanno negato i diritti di atterraggio a due aerei civili della compagnia privata iraniana Mahan Air, che si stavano preparando a decollare da Teheran.

Questo divieto ha infiammato le strade sciite e ha portato alla chiusura di diverse strade principali di Beirut, tra cui il viale AIB. E ha causato anche il grave incidente di ieri sera, quando tre veicoli di un convoglio dell'UNIFIL diretto all'aeroporto sono stati incendiati, ferendo il vicecomandante uscente della forza dell’Onu, il generale maggiore Chok Bahadur Dhakal che stava per lasciare il Paese per rientrare in Nepal. Per rappresaglia, l'Iran ha annunciato la chiusura del suo spazio aereo verso il Libano. I prossimi giorni diranno se la tensione si allenterà o si trasformerà in una resa dei conti.

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