Il ritiro delle acque mostra l’incapacità del governo pakistano nella gestione degli aiuti
Islamabad (AsiaNews) – Nel Pakistan alluvionato resta alto il livello di allerta nelle province meridionali, ma i funzionari del governo assicurano che il peggio è passato. Ora occorre pensare ai 17 milioni di sfollati e ricostruire il Paese devastato dalla furia delle acque. La discesa dei fiumi fa salire però il livello delle polemiche sulla gestione dei miliardi di dollari inviati dalla comunità internazionale al governo, che rischiano di riempire le tasche dei politici locali.
Nei giorni scorsi, il primo ministro Syed Yusuf Raza Gilani, ha affermato che “l’80% degli aiuti esteri arriverà in Pakistan attraverso le ong locali e metà di questi finirà con l'essere dirottata ad altre funzioni nell’impunità generale”. Conscio della gaffe, il premier si è subito corretto, dicendo che “il denaro non destinato all’acquisto di aiuti, serve alle organizzazioni locali per pagare le spese e gli stipendi del personale”. Le agenzie umanatarie internazionali, hanno subito riferito che nonostante “la poca credibilità, il governo pakistano stà facendo del suo meglio nella gestione degli aiuti”. Tuttavia, sottolineano la mancanza di una comune fiducia tra autorità e donatori internazionali, che spesso ostacola gli sforzi per far fronte alle inondazioni, diminuendo la fiducia dei donatori.
Secondo un diplomatico europeo in Pakistan, anonimo per motivi di sicurezza, “la distribuzione degli aiuti è lenta perché i soldi che il Pakistan ha ricevuto in passato non sono mai stati gestiti con trasparenza”. Egli ricorda come i 6 miliardi di dollari donati dalla comunità internazionale per il terremoto del Kashmir nel 2005, non sono mai stati utilizzati per ricostruire le case danneggiate e le infrastrutture. “I problemi sul campo – afferma la fonte – sono dovuti alle ong locali. Ci sono infatti molte organizzazioni nelle province di Multan, Faisalabad, Karachi, Hyderabad, Doba Tek, Singh e altree aree, che fanno capo a una sola persona”. “I capi di queste organizzazioni – conitinua - vogliono solo approfittare della situazione. Essi inviano generi di soccorsi a 200-300 famiglie, si fanno fotografare mentre danno gli aiuti e inviano le immagini all’estero per ricevere altri soldi”. Il diplomatico aggiunge che “queste ong fantasma, non hanno il personale qualificato per soccorrere le persone, come medici, infermieri. A loro interessa solo fare soldi”. La fonte dice che il governo sta verificando la loro autenticità, ma invita i donatori a verificare la destinazione finale dei propri soldi, evitando quelle ong formate da poche persone.
Intanto nella provincia di Sindh nei pressi della foce dell’Indo, la città di Thatta e altri villaggi sono ancora sott’acqua. Migliaia le persone costrette ad abbandonare le abitazioni e a fuggire sulle collina che ospita il cimitero cittadino. Ad AsiaNews, essi lamentano il ritardo dei scorrso e il caos nella distribuzione degli aiuti e che orde di persone correvano dietro i veicoli di distribuzione di cibo e acqua, lasciando anziani e infermi senza soccorso.
Nasima, cristiano di 75 anni, racconta: “Alla mia età non possono correre dietro al cibo e sopravvivere a questa corsa folle”. “Loro – continua – ci gettano il cibo dai camion come se fossimo animali”. Egli dice di aver visto molta gente bere l’acqua piovana, sporca di terra. Nella città di Larkana, la popolazione descrive gli stessi problemi. Infrastrutture appena costruite polverizzate dalla furia dell’acqua, ritardo nei soccorsi, caos nella distribuzione degli aiuti. Un operatore umanitario delle provincia di Sindh, dice che “quello che sta accadendo si aggiunge ai problemi che danno affliggono il Pakistan e il suo governo”. “Noi – continua – non abbiamo una leadership, la gente non sa se il governo è democratico che gestisce gli aiuti o se invece sono i militari. L’unica cosa che notano è che ci sono molti di loro che in queste ore non ricevono alcun tipo di assistenza”.
10/02/2017 13:54
28/01/2019 12:35