Il riscatto di Sima, sfigurata con l’acido dal padre, che voleva un maschio
Dhaka (AsiaNews) - "Non piangere quando vai via. Io qui sto bene. Sono felice". Sima ha dieci anni e un corpicino sfigurato dall'acido fin da quando aveva appena dieci mesi. Eppure è lei a tranquillizzare la sua mamma. A gennaio è iniziato un nuovo capitolo della sua vita e si chiama Snehonir, "Casa dell'affetto". Un ostello per bambini normali e con disabilità fisica, orfani o provenienti da famiglie molto povere. A dirigere la struttura è suor Dipika, della congregazione locale Shanti Rani (Regina della pace), che riversa tutta la sua energia nell'occuparsi di questi piccoli e insegnare loro la ricchezza dell'incontro e della condivisione con l'altro. E Sima, arrivata insieme a Aisha, sua amica e vittima (ma meno grave) dell'acido, appare infatti già ben integrata, a soli due mesi dal suo arrivo. Saltano, giocano, si divertono con gli altri. Sima canta benissimo e va bene a scuola. Seila è molto vivace e fa continui scherzi a tutti gli ospiti dell'ostello. "Due forze della natura", dice suor Dipika.
Il canto di Sima è una preghiera, che esce da una bocca dai contorni irregolari. Il suo calvario inizia a 10 mesi, quando il padre la cosparge di acido perché avrebbe voluto un maschio (v. 15/11/2011, "La storia di Sima, sfigurata con l'acido dal padre a 10 mesi"). Sopravvive, grazie all'intervento tempestivo della Acid Survivors Foundation (Asf). Dopo dieci anni di operazioni, oggi il viso di Sima è una maschera poco espressiva, incorniciata da capelli disposti in ciocche irregolari. Le è stato riaperto un occhio, che muove ma dal quale non vede; il naso, ricostruito, è molto piccolo; solo una delle due orecchie è integra; la bocca ora è aperta, ma i contorni sono imprecisi. La sua pelle è sottile come un foglio e soffre di continue infiammazioni. La aspetta una vita di interventi: adesso perché è piccola, e i tessuti non crescono in maniera adeguata allo sviluppo dell'apparato scheletrico; da adulta, perché la sua pelle non sarà mai nutrita ed elastica a sufficienza.
Eppure, a Snehonir questo suo corpo devastato e in apparenza inespressivo non la rende "diversa". Sima corre, gioca, salta, ride e studia, come tutti gli altri bambini e, soprattutto, insieme a loro. I piccoli ospiti dell'ostello sono quasi tutti cristiani, eccetto tre indù e Sima e Aisha, musulmane. In origine, l'ostello era un locale del convento della Shanti Rani. Diversi anni fa, suor Gertrude ha iniziato accogliendo un paio di bambini orfani, uno aveva dei problemi fisici, ma insieme stavano bene. È nata l'intuizione di creare un luogo dove accogliere bambini sani e disabili. La superiora ha acconsentito alla costruzione di un piccolo ostello, che poi è diventato l'attuale Snehonir grazie alle donazioni di un benefattore locale.
Suor Dipika - soprannominata "bambolina" dai ragazzi dell'ostello perché ha un viso da bambina e sembra un po' impacciata, anche se ha 40 anni - ne ha raccolto l'eredità. Ha studiato fisioterapia e infermieristica per poter assistere meglio i ragazzi con disabilità fisiche. A differenza degli altri ostelli, dove i genitori possono vedere i loro figli una volta ogni due mesi, suor Dipika invita le madri a venire ogni volta che possono. "E portate loro quello che volete. Ci penserò io a insegnare loro a condividere con gli altri".
Condivisione, allegria e libertà è ciò che suor Dipika dona ai bambini ogni giorno. A loro volta, i piccoli portano tutto questo tra i banchi di scuola, fuori dall'ostello. Anche Sima frequenta una scuola esterna. Va così bene e si è così ben integrata con i compagni di classe, che gli insegnanti hanno chiesto a suor Dipika di mandare altri bambini come lei. Non era mai accaduto prima. In un picnic di qualche giorno fa, Aisha ha espresso il desiderio di farsi cristiana: "Mi piacciono i canti e le preghiere!". "Ma noi siamo musulmane!", le ha risposto stupita Sima. Suor Dipika le osserva da lontano mentre riprendono a giocare e sorride. Snehonir è anche questo.