Il regime mobilita le piazze a sostegno del finto referendum su Assad
Damasco (AsiaNews) – Il volto di Bachar Al-Assad compare ovunque in questi giorni in Siria, alla vigilia di un referendum – dall’esito più che scontato – che lo confermerà per altri sette anni a capo dello Stato. Manifesti, striscioni, manifestazioni, persino un pallone aerostatico, nel suono di marce patriottiche e slogan urlati dagli altoparlanti, ha sorvolato le decine di migliaia di persone che ieri a Damasco hanno manifestato a favore di Assad.
“La nostra anima, il nostro sangue ti sacrificheremo”, “Sì per l’eternità” e soprattutto “Ti amiamo Bachar”, gli slogan più scanditi. Le tradizionali tende arabe sono state montate nelle piazze di tutte le città siriane, per dare conforto ai partecipanti alle manifestazioni, delle quali giornali e televisione danno entusiastici resoconti. La gente in piazza, naturalmente è tutta per il “sì” al referendum, per il quale si voterà il 27 maggio, che ha un solo candidato ed il solo obiettivo di confermargli i poteri presidenziali.
Se il risultato è già noto, l’obiettivo di tanta mobilitazione è quello di ottenere una partecipazione al voto maggiore di quella delle recenti elezioni politiche, quando, a fronte di un dato ufficiale di affluenza del 56%, le fonti diplomatiche straniere parlano di 10-15% di votanti. In questo momento, Assad ha infatti bisogno di mostrare al mondo la sua forza all’interno del Paese. Si può anzi dire che persino al di là del dato dell’affluenza alle urne, conta dimostrare all’Occidente il totale controllo che il presidente ha sul Paese. A consentirglielo, uno stato di emergenza in vigore da 44 anni, una legge elettorale che, quale che sia il risultato, affida al suo partito, il Baath, la maggioranza dei seggi, un tribunale speciale, arresti per aver espresso opinioni su internet o aver incontrato gruppi che tutelano i diritti umani, la pratica della tortura.
E’ che in realtà, il regime del giovane presidente sta giocando una partita dalla posta altissima, fino alla sua stessa sopravvivenza. Il pericolo è rappresentato dalla istituzione del tribunale internazionale che dovrebbe giudicare gli assassini dell’ex premier libanese Rafic Hariri. L’inchiesta dell’Onu è ufficialmente arrivata ai massimi gradi dell’intelligence siriana ed a lambire la stessa famiglia di Assad ed in effetti è opinione comune che nessuno avrebbe potuto decidere un omicidio eccellente come quello di Hariri senza almeno un “via libera” del presidente siriano.
E’ un macigno che blocca anche i tentativi dell’Occidente di superare l’isolamento politico siriano. I luogotenenti di Assad hanno già cercato di porre limiti al futuro tribunale ed i suoi alleati libanesi stanno facendo di tutto – si dice anche manovrando i terroristi - per far cadere il governo filoccidentale di Fouad Siniora che invece vuole il tribunale. Anche un finto referendum, allora, può tornare utile.