Il processo a Liu Xiaobo, ovvero la morte della giustizia
Pechino (AsiaNews) – Il cristiano Liu Xiaobo, attivista per i diritti umani, dopo un anno di reclusione in un luogo sconosciuto, il 23 dicembre scorso ha subito un processo per “tentativo di sovvertire il potere dello Stato” ed è stato condannato il 25 dicembre a 11 anni di prigione. Le riflessioni che seguono, di importanza capitale, riguardano il processo contro il dissidente non violento.
Il 23 dicembre, alle nove del mattino, le autorità cinesi hanno usato la più sporca delle penne per scrivere le più sporche fra le parole: quelle usate nel processo contro Liu Xiaobo. Che invece, da parte sua, ha usato la sua penna più limpida per dire: “Non sono colpevole”. Tremando di paura, una Corte cinese ha superato ogni confine e ha presentato accuse pre-fabbricate e totalmente deboli contro il dissidente. Moltissime persone nel mondo hanno risposto: “Liberatelo”.
Ora, le uniche parole che da parte mia voglio dire sono queste: il processo che il governo cinese ha intentato contro Liu Xiaobo è in realtà un processo ai valori e ai diritti umani universali. Carta 08 è il luogo virtuale dove i diritti umani hanno trovato spazio per esistere, in Cina. Che se ne leggano soltanto i primi sei paragrafi, o tutti e diciannove i capitoli, la Carta dimostra di esserne permeata. Da parte sua, il governo cinese ha risposto alla sfida con un atteggiamento da “nuovo ricco”.
Mostrando il suo denaro e usandolo per sottolineare la debolezza altrui, il regime cinese ha puntato il dito contro la crisi finanziaria internazionale per cercare di farla passare come il tallone d’Achille dell’Occidente. In altre parole, ha glorificato il “modello cinese” dal punto di vista economico per giustificare la repressione effettuata contro i valori universali dell’uomo. In Cina non esistono libertà, diritti umani, uguaglianza, repubblica, democrazia o tanto meno governo costituzionale.
Un utente di Internet ha scritto: “Il 23 dicembre, la Corte intermedia del popolo di Pechino ha compiuto un gesto concreto per sovvertire il potere statale”. Il processo a Liu Xiaobo, infatti, è contrario ai desideri della popolazione, ma allo stesso tempo accelera l’indebolimento delle fondamenta morali su cui si basa il potere di Pechino. Altra gente nel Paese, sempre di più, guarda a queste cose e perde la propria fede nel governo. Sì, stiamo assistendo a un collasso simile a quello di una torre: una volta iniziato, non si può fermare.
Ogni giorno che passa, l’impatto e la forza morale espressi da Carta 08 crescono più forti. E questa è la vera ragione per cui le autorità non rilasciano Liu Xiaobo ed ha passato più di un anno a cercare e interrogare – uno per uno – tutti coloro che ne hanno siglato il testo. Eppure ad oggi, per quanto si possa cercare, non si trova neanche una persona che abbia ceduto alle pressioni e abbia ritirato il suo sostegno ai valori espressi in quel testo. E perché? Perché così sta andando il Paese!
La popolazione cinese ha atteso troppo, veramente troppo per quella società civilizzata che sognava. Oggi, le autorità cercano di pianificare ogni cosa molto meticolosamente. Ogni persona che voleva assistere al processo, ad esempio, è stata messa sotto controllo. Chi si aggirava nei pressi del tribunale veniva rimandato a casa. E questo è un lavoro estenuante, fatto con molta precisione. Persino la moglie dell’accusato, Liu Xia, è stata costretta a rimanere a casa.
Ora, il più sporco dei processi politici è finito. Quello che verrà dalla sentenza emessa è facilmente deducibile: è iniziata una nuova fase di sofferenze ancora più grandi per Liu Xiaobo. Sua moglie sarà costretta a passare anni ad andare davanti e dietro da una prigione. Noi, che siamo coinvolti nello stesso caso, non possiamo andare in galera con lui: ma finché lui rimarrà dentro, nessuno di noi avrà un solo giorno di pace.
13/01/2010
11/02/2010