Il primo vescovo Santal per la diocesi di Dinajpur
Mons. Sebastian Tudu, 45 anni, è il primo sacerdote di etnia Santal a diventare vescovo. Educazione, giustizia e pace i “bisogni essenziali” della comunità, cristiana e non. Valorizzare i giovani, perché sono “il futuro del Bangladesh”. La consacrazione avverrà il prossimo 27 gennaio.
Dinajpur (AsiaNews) – Educazione e scuole, ma anche giustizia e pace, sono “i bisogni essenziali delle popolazioni di Dinajpur. Mi aspetta una grande sfida, c’è molto lavoro da fare. Ma con l’aiuto della gente e dei religiosi, questa diocesi potrà crescere. Ed io con loro”. Lo afferma ad AsiaNews mons. Sebastian Tudu, nuovo vescovo di Dinajpur che sarà consacrato il prossimo 27 gennaio. Originario di Marianpur (nel nord), egli è il primo sacerdote di popolazione Santal a diventare vescovo. Mons. Tudu ha 45 anni: un vescovo giovane, che non si aspettava “tutto questo sostegno e questa grande accoglienza. Ero un po’ spaventato, la vocazione episcopale è qualcosa che non si riesce a comprendere subito. Ma io dipendo dalla volontà di Dio, sono nelle sue mani”.
Oltre ai Santal, la diocesi di Dinajpur accoglie diverse comunità tribali, come gli Oraon, i Munda e i Malo. Per lo più cristiani e cattolici, si tratta di popolazioni molto povere, spesso discriminate dalla maggioranza bengalese e islamica. “Io sarò il vescovo di tutti – afferma il vescovo –, senza distinzione. La mia vocazione è rivolta a ogni comunità: Santal o altre tribù; cristiani e non cristiani. Questa varietà sarà la nostra ricchezza”.
“Trattandosi di popolazioni povere ed emarginate – spiega mons. Tudu – l’educazione è uno dei bisogni primari. La Chiesa ha sempre creato e gestito scuole dedicate a chi non aveva grandi possibilità economiche. Oggi, è ancora più evidente che educazione e istruzione sono fondamentali per lo sviluppo e il cambiamento dell’intera società bangladeshi”. Anche per questo, sottolinea il vescovo, “voglio dedicare particolare attenzione ai più giovani. Spesso non vengono valorizzati, ma rappresentano il futuro di questo Paese. Dare loro l’occasione di studiare, se possibile fino all’università, è un dovere”.
Ingiustizie, terreni espropriati (o bruciati) e aggressioni sono episodi frequenti nei villaggi tribali. Le dinamiche sono sempre le stesse: i bengalesi attaccano più o meno indisturbati; gli aborigeni reagiscono, spesso senza successo, mentre le loro richieste di aiuto restano per lo più inascoltate da parte delle autorità.
Secondo mons. Tudu, “giustizia e pace” sono “questioni importanti. Le popolazioni tribali sono spesso vittime, abbandonate dalla società e dalle istituzioni che non danno loro alcun sostegno. La Chiesa difende queste minoranze: perché vedano riconosciuti i loro diritti, e perché capiscano che è possibile vivere in pace e armonia con le altre comunità”.
Dal 29 ottobre 2011, quando Benedetto XVI lo ha nominato vescovo della diocesi di Dinajpur, mons. Tudu racconta di “aver ricevuto un sostegno incredibile e inaspettato. Ero spaventato per questa grande responsabilità, ma la vicinanza che queste popolazioni e gli ordini religiosi mi hanno dimostrato, mi dà la forza di iniziare questa missione”. (GM)
Oltre ai Santal, la diocesi di Dinajpur accoglie diverse comunità tribali, come gli Oraon, i Munda e i Malo. Per lo più cristiani e cattolici, si tratta di popolazioni molto povere, spesso discriminate dalla maggioranza bengalese e islamica. “Io sarò il vescovo di tutti – afferma il vescovo –, senza distinzione. La mia vocazione è rivolta a ogni comunità: Santal o altre tribù; cristiani e non cristiani. Questa varietà sarà la nostra ricchezza”.
“Trattandosi di popolazioni povere ed emarginate – spiega mons. Tudu – l’educazione è uno dei bisogni primari. La Chiesa ha sempre creato e gestito scuole dedicate a chi non aveva grandi possibilità economiche. Oggi, è ancora più evidente che educazione e istruzione sono fondamentali per lo sviluppo e il cambiamento dell’intera società bangladeshi”. Anche per questo, sottolinea il vescovo, “voglio dedicare particolare attenzione ai più giovani. Spesso non vengono valorizzati, ma rappresentano il futuro di questo Paese. Dare loro l’occasione di studiare, se possibile fino all’università, è un dovere”.
Ingiustizie, terreni espropriati (o bruciati) e aggressioni sono episodi frequenti nei villaggi tribali. Le dinamiche sono sempre le stesse: i bengalesi attaccano più o meno indisturbati; gli aborigeni reagiscono, spesso senza successo, mentre le loro richieste di aiuto restano per lo più inascoltate da parte delle autorità.
Secondo mons. Tudu, “giustizia e pace” sono “questioni importanti. Le popolazioni tribali sono spesso vittime, abbandonate dalla società e dalle istituzioni che non danno loro alcun sostegno. La Chiesa difende queste minoranze: perché vedano riconosciuti i loro diritti, e perché capiscano che è possibile vivere in pace e armonia con le altre comunità”.
Dal 29 ottobre 2011, quando Benedetto XVI lo ha nominato vescovo della diocesi di Dinajpur, mons. Tudu racconta di “aver ricevuto un sostegno incredibile e inaspettato. Ero spaventato per questa grande responsabilità, ma la vicinanza che queste popolazioni e gli ordini religiosi mi hanno dimostrato, mi dà la forza di iniziare questa missione”. (GM)
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