Il presidente taiwanese Ma Ying-jeou alla messa di Papa Francesco. Nessuno da Pechino
Roma (AsiaNews) - Il presidente taiwanese Ma Ying-jeou sarà presente domani alla messa di inaugurazione del pontificato di papa Francesco insieme ad altri capi di Stato internazionali e rappresentanti ufficiali. Fino a stamane non si sapeva se vi sarebbe stato un rappresentante della Repubblica popolare cinese. Ma nel pomeriggio l'ambasciatore cinese Ding Wei ha comunicato ad AsiaNews che "nessuna delegazione o personalità politica del governo cinese" sarebbe stata presente. L'ambasciatore invia comunque "congratulatulazioni" al nuovo pontefice Francesco.
Il presidente Ma, un cattolico - che si autodefinisce "non praticante" - è arrivato stamane a Roma. Grazie al suo stile discreto e cordiale, Ma Ying-jeou si è molto impegnato per la libertà della Chiesa cattolica a Taiwan. Lo scorso anno ha varato un accordo fra l'isola e la Santa Sede per il riconoscimento reciproco dei titoli accademici e per l'educazione cattolica nelle scuole.
La sua presenza sembra non suscitare ire e critiche da parte di Pechino, almeno per ora. Ma Ying-jeou è il secondo presidente taiwanese a visitare il Vaticano. Nel 2005 vi è stata la visita del predecessore Chen Shuibian che ha partecipato ai funerali di Giovanni Paolo II. La partecipazione di Chen Shuibian affianco ai grandi della terra - era seduto vicino a George W. Bush - ripreso da tutte le tivu mondiali ha suscitato l'invidia di Pechino e lo smacco subito in termini di immagine è stata una spinta a cercare di aprire qualche canale diplomatico. Nei giorni precedenti al funerale del grande papa polacco, rappresentanti cinesi avevano cercato di fermare la venuta di Chen, ma il Vaticano è stato fermo: chiunque voglia, è libero di partecipare al funerale del pontefice.
Da allora, in tutti questi anni, il rapporto fra Pechino e la Santa Sede è stato ondeggiante: visite reciproche, rapporti fra le due diplomazie, intese su alcune nomine di vescovi. La Cina però nel dialogo ha sempre impegnato personalità di piccolo calibro, senza molte responsabilità e ha sempre cercato di obbligare il Vaticano ad avallare la permanenza dell'Associazione patriottica (la struttura di controllo della Chiesa ufficiale, che vuole una Chiesa indipendente dal papa); l'accoglienza di tutti i vescovi illeciti (nominati senza il mandato del papa); il non domandare la libertà per i vescovi e i sacerdoti imprigionati. La resistenza della Santa Sede a compiere queste scelte contrarie alla fede cattolica ha indurito Pechino, che ha cominciato a nominare e ordinare vescovi senza il mandato del papa, fino ad arrestare mons. Ma Daqin, vescovo ausiliare di Shanghai, perché ha osato dimettersi dall'Associazione patriottica nel giorno della sua ordinazione episcopale.
Con la transizione da Hu Jintao a Xi Jinping, conclusasi giorni fa con il divenire presidente di quest'ultimo, la diplomazia vaticana ha sperato che qualcosa cambiasse in Cina. Nei mesi precedenti Xi aveva promesso riforme politiche, cancellazione dei laojiao (campi di lavoro forzato), rispetto della Costituzione e delle leggi. Molti cattolici cinesi hanno sperato che i loro vescovi e sacerdoti ancora in prigione sarebbero stati rilasciati. Ancora più speranza aveva suscitato una lettera aperta di 100 intellettuali del Partito in cui si chiedeva al parlamento cinese di ratificare le Convenzioni Onu sulle libertà civili, già sottoscritte dalla Cina negli anni '90 e mai applicate. Fra esse vi è la garanzia alla piena libertà religiosa, compresa la libertà per una comunità di fede di nominare la propria leadership. Ma il raduno parlamentare, conclusosi ieri, non ha varato alcuna riforma.
Fra le personalità del Vaticano rimane la speranza che la Cina possa inviare per domani una personalità di alto livello, magari un personaggio della cultura e non della politica, per non creare imbarazzi reciproci fra Pechino e Taipei. Tale possibilità era stata quasi sussurrata nei giorni scorsi dal p. Federico Lombardi, durante un briefing con i giornalisti. Parlando della messa di inizio del pontificato, di domani, egli ha detto: "la Santa Sede non fa mai inviti, si limita a informare sia attraverso il coro diplomatico che pubblicamente che c'è questo avvenimento: se qualcuno vuol venire è il benvenuto, ma non c'è alcun invito". E ha aggiunto: "Sono benvenuti tutti quelli che vengono, anche se non hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede". Le stesse idee sono state ripetute al briefing di oggi.
AsiaNews ha contattato l'ambasciata della Repubblica popolare cinese a Roma per avere qualche notizia ed è rimasta in attesa della risposta dell'ambasciatore Ding Wei. Nel pomeriggio il diplomatico ha comunicato che per la messa di inaugurazione "non è prevista nessuna delegazione o personalità del governo cinese". Ding Wei ha voluto però porgere "le congratulazioni a papa Francesco" per l'inizio del suo pontificato.