Il premier thai propone una “road map” per la riconciliazione e nuove elezioni
Abhisit Vejjajiva avrebbe elaborato un piano per la dissoluzione del Parlamento e nuove elezioni, prima dei nove mesi proposti in precedenza. Esso prevede anche la nascita di un comitato, chiamato a riscrivere la costituzione. Le “camicie rosse” proseguono la protesta. Organismo indipendente: la Thailandia vicina a una “guerra civile non dichiarata”.
Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – Il premier thai Abhisit Vejjajiva intende promuovere una “road map” per la riconciliazione nazionale, che metterà fine alla protesta delle “camicie rosse”, giunta all’ottava settimana. È quanto rivela il Bangkok Post, secondo cui il piano porterebbe alla dissoluzione del Parlamento e a nuove elezioni. Per il momento i dimostranti non intendono abbandonare il distretto commerciale della capitale, scelto come quartier generale. Tuttavia, i leader hanno rimosso una parte delle barricate per favorire l’accesso all’ospedale assaltato il 30 aprile scorso.
La “road map” elaborata dal governo verrà diffusa “entro uno o due giorni” e servirà ad accelerare il processo di dissoluzione del Parlamento, con un margine di anticipo rispetto ai nove mesi proposti in precedenza dal premier ai leader “rossi”.
Abhisit parla di “riconciliazione” quale primo obiettivo da raggiungere, per poi affrontare in piena legalità il percorso che porterà alle urne. Fonti vicine al Primo Ministro aggiungono che il piano di riconciliazione prevede anche la nomina di un comitato chiamato a riscrivere la Costituzione.
Il nuovo testo dovrebbe rappresentare un misto fra la Carta del 2007 – sostenuta dalle “camicie gialle” e dai partiti di governo – e la Carta del 1997, che andrebbe reintrodotta per intero secondo le “camicie rosse” e i movimenti di opposizione. Sempre ieri l’esecutivo ha inoltre approvato lo stanziamento di un “fondo speciale” per le forze dell’ordine, chiamate a contenere le proteste ed evitare, al contempo, ulteriori spargimenti di sangue. Verranno aumentati i punti di controllo all’interno della capitale, che passeranno da sei a nove.
I leader delle “camicie rosse” – vicine all’ex premier in esilio Thaksin Shinawatra e sostenute dal partito di opposizione United Front for Democracy against Dictatorship (UDD) – continuano la protesta a oltranza, nonostante l’allerta per possibili nuovi scontri. Iniziata a metà marzo, la rivolta degli antigovernativi ha sinora causato la morte di 27 persone e il ferimento di oltre 900.
Come gesto di buona volontà, i manifestanti hanno rimosso le barricate di pneumatici e bambù nelle vie di accesso al ospedale Chulalongkorn, poco distante dal loro presidio. Lo scorso 30 aprile un gruppo di “camicie rosse” ha assaltato la struttura a caccia di militari governativi. Un gesto estremo, condannato non solo dall’esecutivo, ma anche dagli altri leader dell’opposizione.
Intanto l’organismo indipendente International Crisis Group (Icg) avverte che “lo scontro tra governo e camicie rosse è in progressivo peggioramento” e potrebbe sfociare in una “guerra civile non dichiarata”. Il gruppo, impegnato a prevenire o risolvere i conflitti, aggiunge che “una mediazione straniera” potrebbe essere “la sola via” per affrontare il problema. Icg propone che a mediare sia José Ramos-Horta, presidente di Timor Est e Nobel per la pace.
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