Il premier Wen parla di riforme, mentre a Pechino continua la repressione
Parlando ai funzionari di stanza in Malaysia, il premier ha detto: “La nostra nazione diventerà invincibile, se daremo libertà agli 1,3 miliardi di cittadini che abbiamo. Inoltre, servono le riforme politiche, economiche e giudiziarie per dare stabilità al nostro sviluppo”. Per la prima volta, il numero due del governo cinese ha messo prima la politica dell’economia: secondo alcuni analisti, si tratta di un segnale molto forte.
Inoltre, l’editoriale apparso oggi dimostra che almeno una fazione all’interno del Partito comunista vorrebbe mettere in campo le riforme liberali, sociali e politiche. Ma, dato che tra due anni tutta la leadership cinese cambierà, le possibilità di una vera “rivoluzione interna” sono molto poche.
Tuttavia - spiega il professor Cheng Yu-shek, che insegna Scienze politiche all’università di Hong Kong - “quello di Wen è un richiamo che il premier fa spesso, anche in patria. Potrebbe anche essere un segnale della sua frustrazione, perché pur essendo il primo ministro sa di poter fare molto poco per implementare le riforme di cui parla. Inoltre, la differenza fra quello che predicano e quello che fanno è davvero troppo enorme”.
Il riferimento dell’accademico è al recente arresto di Ai Weiwei, noto artista e dissidente, e all’ondata di repressione con cui Pechino cerca di fermare una rivolta simile a quella detta “dei gelsomini” che sta squassando il Medio Oriente e l’Africa settentrionale. Proprio oggi è arrivata la notizia di un peggioramento delle accuse contro la blogger Wang Lihong, che il governo vuole condannare per “aver radunato una folla per distruggere l’ordine sociale”.
Neanche l’intervento degli Stati Uniti sembra aver avuto effetto. L’assistente Segretario di Stato Usa Michael Polsner, in Cina per un summit di due giorni sui diritti umani, ha dichiarato che il Paese “sta scivolando all’indietro” sull’argomento e ha chiarito che l’incontro “non ha prodotto gli effetti desiderati” su una questione che “preoccupa molto Washington”. D’altra parte, a inizio lavori, la controparte cinese ha ripetuto che Pechino “non intende accettare l’interferenza straniera” nel campo dei diritti umani.
13/02/2012