Il parlamento indonesiano approva la legge antipornografia
Jakarta (AsiaNews) – In parlamento, assenti i deputati di opposizione, l’approvazione della legge antipornografia è stata accolta da grida di giubilo e preghiere ad Allah; nei forum dei quotidiani on-line del Paese si è invece scatenata la rivolta di privati cittadini che denunciano “il passo indietro” compiuto dall’Indonesia e definiscono la decisione “oscurantista”.
Oggi la Camera dei deputati ha ratificato la controversa norma anti-pornografia, la Undang-undang Pornografi, Uu App, al centro delle polemiche perché accusata di voler introdurre la Sharia (la legge islamica) e trasformare la nazione sul modello dell’Arabia Saudita. Nelle scorse settimane attivisti per i diritti umani, minoranze politiche e religiose, fra le quali la Chiesa cattolica, hanno contestato con forza il testo legislativo. Esso, secondo gli oppositori, oltre a cancellare le differenze “culturali” presenti nel Paese e metterne a rischio “l’unità nazionale”, sarebbe un tentativo dell’ala fondamentalista islamica di introdurre la legge islamica.
I deputati hanno approvato pressoché all’unanimità il passaggio della legge antipornografia, ma va chiarito che in sede di voto non erano presenti né il partito nazionalista indonesiano pro-democrazia (Pdip), né lo schieramento di ispirazione cristiana Peace Prosperous Party (Pds). Essi hanno deciso di non entrare in aula per le votazioni, in segno di protesta contro la legge.
Una sostenitrice della norma, Lasmiantini del Salima (le Sorelle musulmane), esulta: “Ishallah, se Dio vuole finalmente in Indonesia si assisterà a una rinascita della morale”. “Siamo felici – dice l’attivista – perché abbiamo vinto la battaglia in difesa dei nostri bambini, e servirà anche a proteggere le donne”. Verranno promossi “programmi televisivi educativi” e di “qualità”, che serviranno ad accrescere i “valori morali” alla base della società. Gli attivisti riferiscono inoltre che vi potranno essere delle migliorie alla legge per “evitare gli eccessi”, ma la definiscono “un buon inizio” e negano che vi siano stati pareri contrari “al passaggio della norma in alcune province”.
Meuthia Hatta, figlia di Mohammad Hatta – uno dei padri fondatori della nazione – chiarisce che essa “non viola i principi della libertà di espressione”, ma serve a proteggere i cittadini dai danni causati dalla pornografia. “Abbiamo incentrato la nostra attenzione su questo aspetto – dice il Ministro per la responsabilizzazione della donna – piuttosto che limitarci alle schermaglie politiche con i gruppi nazionalisti e le Ong”.
Ieri, intanto, la Corte centrale di Jakarta ha emesso una sentenza significativa nella lotta al fondamentalismo islamico. Il giudice Panusunan Harahap ha condannato a un anno e mezzo di galera Habib Rizieq Shihab, leader del Fronte dei difensori dell’Islam (Fpi), perché avrebbe “fomentato gli scontri del primo giugno scorso a Jakarta fra musulmani radicali e la frangia moderata”, che manifestava per chiedere la libertà religiosa nel Paese. I fondamentalisti islamici hanno attaccato i moderati dell’Alleanza nazionale per la libertà religiosa (Akkbb), che dimostrava in modo pacifico il suo appoggio agli Ahmadi, una piccola comunità (500mila fedeli) considerata eretica in diversi Paesi musulmani, fra cui il Pakistan e l’Arabia Saudita.