Il parlamento indiano blocca la legge contro le violenze interreligiose
Tra gli oppositori, anche il Trinamool Congress, partito membro della coalizione di maggioranza. Per i detrattori, il Communal Violence Bill (Cvb) ha troppe falle. Se approvata, la legge dà al governo centrale il potere di intervenire in ogni Stato della Confederazione.
New Delhi (AsiaNews) – La legge sulla violenza interreligiosa – Communal Violence Bill (Cvb) –voluta dal National Advisory Council (Nac) di Sonia Gandhi – non ha ottenuto il consenso di diversi partiti politici, compreso il Trinamool Congress, alleato della Gandhi. Il disegno di legge – che conferisce al governo centrale il potere di intervenire in maniera diretta nei casi di violenza interreligiosa, anche bypassando le autorità statali – subisce così una nuova battuta d’arresto, dopo quella causata dai partiti Bjp (Bharatiya Janata Party), Jdu (Janata Dal-United) e Sad (Shiromani Akali Dal), all’opposizione.
L’idea di una legge che si occupi di violenza interreligiosa nasce nel 2003, dopo la morte di più di 2mila musulmani nel massacro del Gujarat. In seguito, l’ondata di violenze contro i cristiani dell’Orissa, nel 2008, e il conseguente fallimento dei singoli Stati nel garantire la giustizia, hanno portato di nuovo la questione al centro del dibattito politico.
“Che il governo centrale abbia certi poteri – afferma p. Cedric Prakash, direttore del centro gesuita “Prashant” per i diritti umani, la giustizia e la pace – è importante per controllare la violenza nel Paese. Tuttavia, questa legge ha molte falle ed è su questo che anche gli attivisti dei diritti umani si oppongono”.
Il sacerdote illustra alcune questioni ritenute controverse dai detrattori della Cvb: “Secondo la legge, si considerano minoranze solo le minoranze religiose, tribali e di casta del Paese [escludendo la maggioranza indù]; ma cosa accadrebbe in Stati come il Jammu e il Kashmir, dove gli indù costituiscono non la maggioranza, ma una minoranza (a differenza del resto dell’India)? Il governo centrale, poi, avrebbe potere legislativo ed esecutivo pressoché illimitato, su qualunque Stato. Chi garantisce che (il governo centrale, ndr) non interferirà con quegli Stati guidati da partiti politici dell’opposizione?”. Infine, c’è chi crede che questa nuova legge, condannando “le maggioranze”, rischia di fomentare – e non sedare – il fondamentalismo delle minoranze. (NC)
L’idea di una legge che si occupi di violenza interreligiosa nasce nel 2003, dopo la morte di più di 2mila musulmani nel massacro del Gujarat. In seguito, l’ondata di violenze contro i cristiani dell’Orissa, nel 2008, e il conseguente fallimento dei singoli Stati nel garantire la giustizia, hanno portato di nuovo la questione al centro del dibattito politico.
“Che il governo centrale abbia certi poteri – afferma p. Cedric Prakash, direttore del centro gesuita “Prashant” per i diritti umani, la giustizia e la pace – è importante per controllare la violenza nel Paese. Tuttavia, questa legge ha molte falle ed è su questo che anche gli attivisti dei diritti umani si oppongono”.
Il sacerdote illustra alcune questioni ritenute controverse dai detrattori della Cvb: “Secondo la legge, si considerano minoranze solo le minoranze religiose, tribali e di casta del Paese [escludendo la maggioranza indù]; ma cosa accadrebbe in Stati come il Jammu e il Kashmir, dove gli indù costituiscono non la maggioranza, ma una minoranza (a differenza del resto dell’India)? Il governo centrale, poi, avrebbe potere legislativo ed esecutivo pressoché illimitato, su qualunque Stato. Chi garantisce che (il governo centrale, ndr) non interferirà con quegli Stati guidati da partiti politici dell’opposizione?”. Infine, c’è chi crede che questa nuova legge, condannando “le maggioranze”, rischia di fomentare – e non sedare – il fondamentalismo delle minoranze. (NC)
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