Il mondo si mobilita a Jakarta per prevenire altri tsunami
Il summit dell'Asean dovrà elaborare un sistema comune per scongiurare nuove tragedie; la comunità internazionale ha già stanziato 2 miliardi di dollari per i primi interventi.
Jakarta (AsiaNews/Agenzie) Creare un sistema di allarme contro lo tsunami nell'oceano Indiano, per scongiurare il ripetersi di nuove tragedie come quella di domenica 26 dicembre. Sarà questo l'ambizioso obiettivo del summit internazionale, in programma a Jakarta il 6 gennaio prossimo. Al vertice parteciperanno i 10 paesi membri dell'Asean (Brunei, Cambogia, Laos, Indonesia, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia, Vietnam), la Cina, il Giappone, la Corea del Sud, l'India, lo Sri Lanka, l'Australia, la Nuova Zelanda e gli stati Uniti; sono stati invitati i rappresentanti delle Nazioni Unite, della World Bank, della Banca asiatica per lo sviluppo, dell'Organizzazione mondiale della sanità e dell'Unione Europea.
I governi e le organizzazioni mondiali hanno già stanziato 2 miliardi di dollari per un primo intervento nei paesi colpiti dall'emergenza: il Giappone ha versato 500 milioni di dollari, la cifra più alta della sua storia e gli Stati Uniti 350 milioni di dollari. Anche il Canada ha raddoppiato gli stanziamenti passando da 40 a 80 milioni di dollari e ha inviato in Sri Lanka un team di pronto intervento nei casi calamità. Il governo cinese ha messo a disposizione un team di 14 medici che da domenica scorsa opera in Sri Lanka: essi devono studiare un piano di profilassi che scongiuri lo scoppio di epidemie. Un'altra squadra di soccorso cinese lavora in Thailandia per aiutare 500 vittime che hanno trovato rifugio in un tempio: nella zona l'acqua potabile e il cibo non raggiungono gli standard qualitativi minimi ed è alto il rischio di malattie infettive. Negli ultimi giorni il governo cinese ha inviato team di soccorso anche in Indonesia, il paese più colpito dalla tragedia.
Durante il summit di giovedì a Jakarta saranno programmati gli interventi di ricostruzione delle comunità e dei villaggi della costa distrutti dal maremoto e verrà esteso anche all'oceano Indiano l'attuale sistema di allarme usato da 26 paesi che si affacciano sull'oceano Pacifico. Tra gli 11 paesi colpiti dall'onda anomala solo l'Indonesia ha ricevuto un avvertimento indiretto sull'imminente catastrofe; la Thailandia, la cui economia si basa in gran parte sul turismo straniero, esercita pressioni per estendere il sistema di difesa comune contro lo tsunami.
La conferenza è accolta con favore anche dal presidente filippino Gloria Macapal Arroyo "non solo per far partire la macchina degli aiuti internazionali, ma soprattutto per costruire un sistema di prevenzione e di difesa comune" contro simili tragedie.
Il problema della sicurezza riguarda anche la Cina: le numerose dighe, necessarie all'economia del paese, sono a rischio in una zona che è caratterizzata dalle numerose scosse sismiche. Un terremoto nella regione autonoma del Tibet o nella provincia dello Yunnan sarebbe fatale e potrebbe causare numerose vittime.