Il mondo manifesta per il Myanmar
Oggi giornata di cortei pacifici in Europa, Asia e America in solidarietà con il popolo birmano. L’Onu ancora divisa sulla linea da adottare verso la giunta, nella speranza che Pechino cambi le sue posizioni. Intanto i generali rendono note le loro cifre sulla repressione e sostengono che la maggior parte dei detenuti è stata liberata.
Yangon (AsiaNews) – Proteste pacifiche si svolgeranno oggi in tutto il mondo contro la repressione degli attivisti pro democrazia in Myanmar. L’Onu intanto continua a rimane divisa sulle azioni da intraprendere nei confronti del regime birmano, che dal canto suo ammette l’incarcerazione di numerosi monaci buddisti, in prima fila nella lotta alla dittatura.
Nella speranza di far capire alla giunta militare che “il mondo sta ancora guardando” a ciò che succede nell’ex Birmania, il gruppo per i diritti umani, Amnesty International, ha indetto per oggi manifestazioni di sostegno alla popolazione birmana in diversi Paesi, tra cui: Thailandia, Australia, Malaysia, Francia, Usa e Canada.
Secondo quanto diffuso dalla Tv di Stato ieri notte, la maggior parte dei monaci detenuti è già stata liberata, e solo 109 rimangono in custodia. Il servizio televisivo parlava, inoltre, di 4 monaci ancora ricercati, perché ritenuti a capo dei movimenti popolari di queste ultime settimane. È la prima volta che il governo rende note le sue cifre sulla repressione attuata: 10 i morti, i detenuti, invece, sarebbero stati 2100, di cui 513 monaci, un novizio, 167 uomini e 30 donne laici discepoli dei 18 monasteri ribelli, ma per lo più ora sono tutti liberi. Solo 109, dicono, rimangono sotto interrogatorio. Secondo stime di attivisti e diplomatici, invece, nelle violenze di fine settembre sono state arrestate oltre 6mila persone e morte più di 200.
Intanto aumenta il coro di voci internazionali che chiedono la liberazione degli attivisti detenuti e dialoghi diretti con l’opposizione. Sessanta premi Nobel hanno firmato una lettera di condanna e un appello per la liberazione della leader democratica Aung San Suu Kyi. Ieri i 15 paesi membri del Consiglio di Sicurezza Onu hanno ascoltato l'inviato speciale Ibrahim Gambari, appena tornato da una missione nel Myanmar. Per ora non è stata diffusa nessuna dichiarazione ufficiale. Circolerebbe solo una bozza, in cui si condanna “la violenta repressione” delle dimostrazioni. Gran Bretagna, Francia e Usa premono per imporre nuove e più rigide sanzioni contro il Myanmar, a cui si oppongono Cina e Russia. Analisti ritengono che solo se il testo fosse firmato anche da Pechino, più grande sostenitrice della giunta, il documento invierebbe un messaggio forte ai generali.
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