07/02/2007, 00.00
TAIWAN
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Il governo vuole rimuovere tutte le statue di Chiang Kai-shek

Taiwan discute le responsabilità dell’ex dittatore nel Massacro 228 e nel Terrore Bianco. Il Kuomintang accusa il governo di voler rinnegare il passato. Intanto il presidente Chen Shui-bian procede a un rimpasto del governo, mostrando che mantiene il potere e si prepara alle elezioni.

Taipei (AsiaNews/Agenzie) – Il governo di Taiwan rimuove dalle aree militari le statue di Chiang Kai-shek. Proteste del partito d’opposizione Kuomintang (Kmt), mentre il governativo Partito democratico progressista (Dpp) vuole eliminare dai luoghi pubblici i riferimenti in onore dell’ex dittatore. Intanto il presidente Chen Shui-bian procede a un rimpasto del governo, dimostrando che mantiene pieno il suo potere nonostante le contestazioni.

Il 5 febbraio la statua di Chiang è stata tolta dal Quartier generale della polizia militare a Taipei. Oggi Yu Shyi-kun, presidente del Dpp, intende proporre al Comitato centrale del partito di togliere le guardie militari dal mausoleo di Chiang presso il Tzuhu Presidential Burial Place, lasciandone la gestione alla famiglia dell’ex dittatore. Si vuole anche cambiare il nome del Memorial Hall Chiang Kai-shek in Taiwan Democracy Memorial Hall.

Il Kmt accusa il Dpp di voler cancellare l’eredità cinese di Taiwan. Il parlamentare Tseng Yung-chuan osserva che “in ogni caso, Chiang fa parte della storia di Taiwan”.

Chiang, comandante dell’esercito nazionalista nella guerra civile cinese contro i comunisti, dopo la sconfitta è fuggito a Taiwan, dove ha detenuto il potere per 26 anni fino alla morte nel 1975. Da quando il Dpp è giunto al potere nel 2000, dopo 51 anni di governo del Kmt, ha iniziato a togliere le statue di Chiang, che all’epoca erano dovunque in parchi, strade ed edifici militari.

Il Dpp è fautore di una profonda revisione storica per il cosiddetto “Incidente 228”. Il 28 febbraio 1947 a Taipei la polizia sparò sulla folla che protestava, uccidendo molte persone. Ci fu una sollevazione, per sedare la quale intervenne l’esercito. Nei successivi scontri ci furono decine di migliaia di morti e arresti di massa. A Taipei l’esercito sparava a chiunque fosse per strada e ci fu una caccia all'uomo anche nelle case. Fu imposta la legge marziale, durata fino al 1987 e venuta meno grazie alle pressioni internazionali, anche degli Stati Uniti. Per anni fu proibito persino parlare della vicenda, per la quale ancora manca una verità ufficiale. Ora sempre più voci attribuiscono a Chiang responsabilità dirette per i massacri e lo accusano di avere utilizzato il successivo periodo del “Terrore bianco” (140mila taiwanesi imprigionati o uccisi) per eliminare dissidenti e attivisti democratici.

Nel perdurare della polemica storica, il presidente Chen Shui-bian ha provveduto a un vasto rimpasto del governo. Come segretario generale del Consiglio nazionale per la sicurezza è stato nominato Mark Chen Tan-sun, al posto di Chiou I-jen, che così potrà tornare ad essere il segretario generale di Chen in vista delle decisive elezioni del parlamento a dicembre, e presidenziali nel marzo 2008. Shi Hwei-yew, vice direttore dell’Ufficio per la sicurezza nazionale, sostituirà Hsueh Shih-ming come capo dell’Ufficio.

Il rimpasto dimostra che Chen ha ripreso in pieno le redini del governo dopo che 8 mesi fa era stato costretto a delegare alcuni poteri al premier Su Tseng-chang, a causa delle pressanti richieste di dimissioni sull’onda di una serie di scandali che hanno coinvolto lui, la sua famiglia e il governo. Tra giugno e ottobre il Parlamento ha respinto tre mozioni per le sue dimissioni.

Hsu Hsiao-ping, parlamentare del Kmt, ha commentato che la precedente delega di alcuni poteri “era solo una finzione”, in attesa che diminuissero le contestazioni.

George Tsai Wei, esperto politico, osserva che le prossime elezioni parlamentari e presidenziali sono importanti per Chen, anche perché una vittoria del Dpp gli consentirebbe di cambiare la legge in modo da garantirgli maggiore protezione per il processo penale che dovrà comunque affrontare dopo la fine del suo mandato presidenziale nella primavera 2008. (PB)

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