Il governo centrale di Delhi assume direttamente il controllo del Manipur
Mentre il primo ministro indiano Narendra Modi era in viaggio negli Stati Uniti è stata decretata la legge presidenziale nello Stato del Nord-est scosso da quasi due anni dalle violenze tra Meitei e Kuki. Le dimissioni del primo ministro Biren Singh, del BJP, hanno approfondito la crisi politica. L'arcivescovo di Imphal ad AsiaNews: "Ristabilire la pace e far fronte alle esigenze della popolazione".
Imphal (AsiaNews) – Il governo federale indiano ha imposto la legge presidenziale nello Stato nord-orientale del Manipur, pochi giorni dopo le dimissioni del chief minister locale, N. Biren Singh. La decisione, annunciata dall’ufficio del presidente Droupadi Murmu, pone la regione sotto il diretto controllo del governo centrale, sospendendo l’amministrazione locale. Ma si tratta anche di una decisione presa mentre il primo ministro indiano - che in due anni di conflitto non ha mai visitato il Manipur - era in viaggio per raggiungere il presidente Donald Trump negli Stati Uniti.
Singh, esponente del Bharatiya Janata Party (BJP), si era dimesso domenica scorsa dopo mesi di pressioni, a seguito delle accuse di favoritismo nei confronti della comunità Meitei, di cui fa parte. Lo Stato è da oltre un anno teatro di violenti scontri etnici tra i Meitei, il gruppo maggioritario, perlopiù di fede indù e concentrato nella valle di Imphal, e i Kuki, minoranza in larga parte appartenente alla comunità cristiana, che abita nelle zone collinari e accusa il governo di discriminazione. Le violenze, scoppiate a maggio 2023, hanno causato oltre 250 morti e circa 60mila sfollati, secondo i dati ufficiali.
Le tensioni sono esplose quando la comunità Kuki ha iniziato a protestare contro la richiesta dei Meitei di ottenere lo status di "Scheduled Tribe", temendo di doversi contendente una serie di benefici previsti dallo Stato con i Meitei, che hanno già un’influenza dominante all’interno del Manipur.
Negli ultimi mesi, la posizione di Singh era diventata insostenibile: i gruppi Kuki lo hanno a lungo accusato di favorire i Meitei, mentre all'interno del BJP aveva iniziato a diffondersi un crescente malcontento per la sua gestione della crisi. Dopo che il partito non ha trovato accordo su un nuovo leader, è stata imposta la cosiddetta "President’s Rule".
“Dopo aver ricevuto un rapporto dal governatore e dopo aver considerato il rapporto e altre informazioni da me ricevute, sono convinta che si sia creata una situazione in cui il governo dello Stato non può essere portato avanti in conformità con le disposizioni della Costituzione indiana”, ha dichiarato ieri sera la presidente Murmu.
Il "President’s Rule", previsto dall’articolo 356 della Costituzione indiana, consente al governo centrale di assumere il controllo di uno Stato quando l’amministrazione locale non è più in grado di operare secondo le disposizioni costituzionali. In questa situazione, i poteri politici vengono trasferiti al governo centrale di Delhi, mentre le funzioni legislative passano al Parlamento e i poteri della magistratura locale restano invariati. Dal 1950, il controllo presidenziale è stato imposto 134 volte, spesso per brevi periodi ma anche per 12 anni nel caso della regione contesa del Kashmir.
L’ultima sessione dell’Assemblea del Manipur si era tenuta ad agosto e una nuova riunione era prevista per lunedì, ma il governatore Ajay Bhalla ha dichiarato la sessione "nulla e non valida". Il partito del Congress aveva annunciato l'intenzione di presentare una mozione di sfiducia contro Singh, che si è dimesso prima di dover affrontare le accuse di fronte all’Assemblea legislativa.
Jairam Ramesh, leader del partito all'opposizione, ha inoltre chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno, Amit Shah, per la gestione della crisi. Nei mesi scorsi aveva più volte tentato di risolvere le violenze attraverso un procedimento diplomatico, che però in oltre 20 mesi di tensioni non ha portato a nessun risultato. Anche il primo ministro Narendra Modi è stato duramente criticato per non aver mai visitato lo Stato dall’inizio delle violenze.
Nel frattempo, la Corte suprema indiana sta esaminando un ricorso presentato da un’organizzazione Kuki di difesa dei diritti umani che accusa Singh di aver avuto un ruolo diretto nell’alimentare gli scontri etnici. A sostegno delle loro affermazioni, i ricorrenti hanno presentato alcune registrazioni audio già esaminate da un laboratorio forense indipendente. Il Kuki Organization for Human Rights Trust sostiene che gli audio dimostrino la responsabilità di Singh su “come e perché è iniziato il conflitto”.
L’arcivescovo di Imphal Linus Neli ha commentato la situazione ad AsiaNews: “Questa è una soluzione politica per risolvere una crisi politica”, ha affermato, precisando che “l’Assemblea legislativa non è ancora stata sciolta. Non sappiamo quale sarà la situazione nei prossimi giorni”.
L’arcivescovo ha sottolineato che la priorità ora è ristabilire la sicurezza per poter poi affrontare la grave crisi umanitaria che si è generata negli ultimi due anni, che sono stati “di intensa sofferenza”, ha proseguito il prelato. “La pace per tutti è molto necessaria ora. La crisi umanitaria, la situazione dell'ordine pubblico devono rientrare”, ha aggiunto l’arcivescovo, affermando che la riconciliazione tra le comunità in conflitto dovrà essere affrontata con urgenza, dopo il ripristino della sicurezza. “Prima di tutto dovrebbe tornare la legge e l'ordine, e poi la questione della disgregazione sociale, riunendo le comunità in conflitto”, mentre i problemi da risolvere riguardano “l'istruzione per i bambini e i giovani, la mancanza di mezzi di sussistenza, l’insicurezza alimentare, e la vulnerabilità economica”.
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