Il futuro incerto dei drusi fra sirene israeliane e radici a Damasco
In un Medio Oriente in piena riconfigurazione, è arrivata l’ora delle scelte per la comunità drusa, dispersa tra Libano, Siria, Israele e Giordania. Ostile a un nuovo governo islamista in Siria, lo Stato ebraico che ha annesso il Golan nel 1981 cerca di attirare la fedeltà della comunità. Le manovre di Walid Joumblatt per scongiurare l’abbraccio israeliano e le celebrazioni per la morte del padre.
Beirut (AsiaNews) - Divisa tra il suo attaccamento storico a una Siria araba, ma anche sedotta dalle offerte di un sionismo dominante che cerca di dare il colpo di grazia alla causa palestinese, la comunità drusa siriana in crisi di identità è chiamata a scegliere da che parte stare. Dal Libano dove questa comunità occupa una posizione politica dominante - nonostante il suo trascurabile peso demografico - Walid Joumblatt, uno dei suoi leader più carismatici, sta facendo del proprio meglio per proteggere i drusi siriani dalla tentazione di giurare fedeltà a Israele.
In una conferenza stampa tenuta il 2 marzo scorso l’ex leader del Partito socialista progressista (Psp), gruppo affiliato all’Internazionale socialista, ha dichiarato che l’obiettivo dello Stato ebraico è di smantellare la regione e che il suo “progetto biblico non ha confini”. Con questa affermazione egli si riferiva al progetto di un “Grande Israele” che si estende “dal Nilo all’Eufrate” promosso da elementi messianici ebraici e da alcuni ministri del governo di Benjamin Netanyahu. Una visione peraltro sostenuta dalla corrente più importante del cristianesimo evangelico nel mondo anglosassone, un “sionismo cristiano” per il quale la creazione dello Stato di Israele prepara la strada alla seconda venuta di Cristo e al quale è affine il presidente Usa Donald Trump.
Scioglimento dei gruppi armati
L’avvertimento del leader druso arriva nel contesto dello scioglimento di tutti i gruppi armati di cui Hay’at Tahrir al-Sham (Hts), comandato da Ahmed al-Shara, è stato il collante e la forza principale, e della loro fusione in un unico esercito nazionale siriano. Tuttavia, i vari gruppi armati drusi si oppongono a questo processo. A Jaramana, cittadina alla periferia di Damasco popolata principalmente da drusi e cristiani, il 28 febbraio scorso sono scoppiati scontri tra i combattenti drusi e le forze di sicurezza del nuovo governo siriano che erano venute a estendere la loro autorità. Il bilancio è stato di un membro della comunità drusa morto e di nove feriti.
In realtà, pur avendo accolto con favore la caduta del regime di Bashar al-Assad, i drusi siriani sono riluttanti a disarmare prima che venga adottata una nuova Costituzione e chiarito il sistema di governo. “Temono la discriminazione sociale e politica portata dall’islamismo, di cui alcuni segni sono già visibili come il divieto di presenze miste sui trasporti pubblici e scuole, prima imposizione della divisione fra sessi” spiega Tigrane Yégavian, ricercatore dell’Institut d’études politiques de Paris. “A questo - prosegue lo studioso - si aggiunge anche l’obbligo sociale di indossare il velo in alcune parti della Siria, in particolare a Homs”.
Israele minaccia Damasco
Nel frattempo il ministro israeliano della Difesa Israel Katz ha colto l’occasione degli scontri a Jaramana per dimostrare - e giustificare - l’impegno del proprio Paese nel proteggere le forze dissidenti. “Abbiamo ordinato - ha affermato in un annuncio pubblico - all’esercito di prepararsi e di inviare un avvertimento fermo e chiaro: se il regime danneggia i drusi, colpiremo”. I drusi sono tanto più sensibili alle promesse di Katz perché molti di loro hanno famiglia nelle Alture del Golan, che Israele ha annesso nel 1981, anche se molti abitanti di questa regione rifiutano ancora la carta d’identità israeliana e i benefici che ne derivano. Arruolati nell’esercito, in particolare come guardie di frontiera, i drusi israeliani sono ben integrati nello Stato ebraico. Tuttavia, pur avendo combattuto a Gaza e nel sud del Libano, si considerano ancora arabi e hanno mantenuto l’uso della lingua.
Mentre una parte della popolazione drusa ha giurato fedeltà ad Abu Mohammad al-Shara e aderisce con convinzione alla visione di una Siria unificata con Damasco capitale, alcuni altri gruppi sono a favore dell’autonomia e dell’autogoverno della regione di Soueida, nel sud della Siria. Inoltre, questo movimento sarebbe incoraggiato dai curdi, anche se si inserisce nella visione israeliana di “sgretolamento” della regione denunciata da Joumblatt.
Hamadé: i drusi non sono una nazione
“I Drusi non sono una nazione, ma un rito derivato dall’islam” dichiara ad AsiaNews il deputato druso Marwan Hamadé. “Questo - prosegue - non è il caso dei curdi, che hanno una lingua e una letteratura proprie e che non sono di origine semitica ma indoeuropea”. “Come l’albero, il druso cresce dove viene piantato” aggiunge il deputato. “Sono cittadini del Paese in cui vivono. È un principio: non si spostano. Quando la Palestina è stata divisa, i drusi non se ne sono andati. Non hanno mai vissuto nei campi profughi”.
Nella conferenza stampa dello scorso fine settimana Walid Joumblatt ha difeso l’unità dei drusi e ha criticato duramente Mubarak Tarif, il leader della comunità in Israele, che ha ben presto optato per un’alleanza con lo Stato ebraico nel Golan occupato. Il leader druso libanese ha inoltre ribadito la propria totale opposizione a qualsiasi forma di pace con Israele, “fino a quando non sarà creato uno Stato palestinese e non sarà trovata una soluzione per i rifugiati palestinesi”.
Escalation regionale?
Temendo un contagio regionale e un effetto perverso in Libano e Giordania, egli ha infine messo in guardia il mondo arabo. “Non dimentichiamo che la Siria è alle porte del Libano. Ricordiamo ancora i tentativi di spartizione promossi dallo Stato ebraico durante la guerra civile libanese fra il 1975 e il 1990. Al riguardo, il leader druso ha chiesto un’udienza al presidente siriano, per perorare di persona l’instaurazione di un regime pluralista e aperto alla diversità e alla modernità in Siria. E ha al contempo annunciato che il 16 marzo commemorerà l’assassinio di suo padre, Kamal Joumblatt, avvenuto nel 1977 per ordine di Hafez el-Assad.