07/07/2008, 00.00
NEPAL
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Il dolore dei cattolici per il “primo martire” della Chiesa in Nepal

di Kalpit Parajuli
Ai funerali di p. John Prakash più di mille fra preti, suore e semplici fedeli, che hanno voluto onorare la memoria del salesiano barbaramente ucciso. Mentre la gente chiede sia fatta “piena luce sulla vicenda”, mons. Sharma assicura che i lavoro dei religiosi “continuerà”.

Kathmandu (AsiaNews) – Una perdita “irreparabile” per una comunità ancora “sotto shock” per l’assassinio, desiderosa di “giustizia” affinché sia fatta “piena luce sulla vicenda” e i colpevoli non restino “impuniti”. Sono questi i sentimenti che albergano all’interno della comunità cattolica nepalese, ancora segnata dalla morte di p. John Prakash, il salesiano 62enne ucciso il 1° luglio scorso a Sirsiya (distretto di Morang) nella parte est del Nepal.

Il 4 luglio a Bandel, villaggio a 45 chilometri dalla città di Kolkata, si sono svolti i funerali “del primo martire della Chiesa nepalese”, ai quali hanno partecipato oltre 1000 persone tra cui preti, suore e religiosi. Mons. Anthony Sharma, primo vescovo del Nepal, ha sottolineato ad AsiaNews che la morte di p. Prakash è un “duro colpo per la comunità Cattolica”, perché egli rappresentava il vero esempio di “servizio devoto a favore della nazione e del popolo”, in particolare per i “più bisognosi”. Condannando la sua barbara uccisione, egli auspica che simili episodi non si ripetano in futuro, il prelato ribadisce che “i responsabili del gesto omicida devono essere assicurati alla giustizia”.

Mons. Sharma ha seguito in prima persona le operazioni di cremazione del corpo di p. John Prakash in India e assicura che, a dispetto della grave perdita, il lavoro della Chiesa nepalese “continuerà senza sosta” e non sarà bloccato dalla paura.  

Assicurazioni sul la continuità dell’opera dei cattolici arriva anche da p. Pulickal Augusty, rettore e superiore della congregazione salesiana nepalese, sebbene in futuro verranno predisposte “maggiori cautele”. Egli aggiunge che il confratello non ha mai desiderato “né soldi, né vestiti per sé, adoperandosi sempre a favore degli altri, dei più bisognosi” ed è assurdo che sia morto per una vile questione di denaro”.

Nel frattempo la Commissione nazionale per i diritti umani ha chiesto al governo di garantire “il diritto delle persone alla vita e alla sicurezza”. L’omicidio del prete salesiano, si legge in una nota, dimostra quanto siano peggiorate le condizioni e il diritto stesso alla vita nel Paese: “La morte di p. Prakash, ha privato centinaia di orfani e di bambini di una possibile istruzione e di un assistenza educativa gratuita”.

Dai primi ati sulla morte di p.Prakash, sembra che ad ucciderlo siano stati alcuni uomini incappucciati, forse appartenenti al gruppo gruppo terrorista sotterraneo, il Terai Defence Army.

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