Il divieto del Niqab in Kirghizistan
Con un decreto del presidente Žaparov è entrata in vigore la legge che bandisce i vestiti che coprono interamente il corpo e anche il volto delle donne. La polemica sugli abiti musulmani tradizionali e sulle lunghe barbe degli uomini è da tempo al centro di molti dibattiti in una regione dove i governi laici cercano in ogni modo di contenere la deriva verso l’islam radicale.
Bishkek (AsiaNews) - Dal 1° febbraio è entrato in vigore in Kirghizistan il divieto di indossare qualunque tipo di Niqab, i vestiti che coprono interamente il corpo e anche il volto, in particolare la Parandža, che in arabo viene chiamato il Burka. La misura non si estende al Khidžab, il velo sulla testa senza nascondere il volto, che invece non è permesso in tutti gli altri Paesi dell’Asia centrale, almeno nelle scuole e negli uffici pubblici. Ora la semplice apparizione in luogo pubblico con il Niqab comporta una multa di 20mila som, circa 230 dollari.
La polemica sugli abiti femminili musulmani tradizionali, e sulle lunghe barbe degli uomini, è da tempo al centro di molti dibattiti in questa regione del mondo, dove i governi laici cercano in ogni modo di contenere la deriva verso l’islam radicale. I deputati kirghisi del Žogorku Keneš hanno molto insistito sulla necessità di questi divieti per ragioni di sicurezza, per poter identificare le persone vedendone il volto. I contrari a queste misure affermano che si tratta di lesioni dei diritti delle donne, che devono essere libere di scegliere come vestirsi.
Il divieto è stato inserito nelle modifiche alla legge sulla libertà religiosa, ed è stato firmato dal presidente Sadyr Žaparov lo scorso 21 gennaio. In esso non si nomina esplicitamente la Parandža, ma si parla esplicitamente dell’obbligo di identificazione, escludendo le necessità di coprirsi per ragioni professionali o sanitarie. Sul Khidžab sono invece intervenuti diversi deputati, come lo stesso speaker del parlamento Nurlanbek Šakiev, secondo il quale “le nostre madri e sorelle hanno sempre portato il velo sulla testa e intorno al collo, fa parte della nostra tradizione e della nostra religione”.
La campagna contro il Niqab fu iniziata esplicitamente dalla deputata Šarapatkan Mažitova nel 2023, dopo una visita nella regione di Oš nel sud del Paese, dove era rimasta scioccata dal gran numero di donne che indossavano la Parandža. Ella intervenne in parlamento anche contro le “barbe voluminose” degli uomini, simbolo evidente di “conservatismo religioso”, invitando tutti a reagire contro queste “minacce alla nostra sicurezza”. Sollecitati dagli organi statali, i membri dell’amministrazione religiosa dei musulmani del Kirghizistan affermarono che “le donne non sono obbligate a indossare il Niqab” secondo i canoni della religione islamica, che permettono di “lasciare scoperte le mani, le piante dei piedi e il volto dal limite dei capelli al collo”.
Coloro che criticano i divieti ritengono che queste limitazioni comportino l’emarginazione e l’isolamento delle donne che preferiscono la Parandža, e in questo modo non potranno più girare per le strade. Una donna di 38 anni del paese meridionale di Kara-Suu, madre di due bambini, ha riferito in modo anonimo ai giornalisti di Azattyk che lei indossa il Niqab su richiesta del marito, che si è trasferito in Russia per lavoro, e ora dice che “non so come lui reagirà, quando tornerà a casa, e da quando ho letto del divieto cerco di uscire di casa il meno possibile, coprendomi il volto con la mascherina sanitaria”.
In Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, i collaboratori delle forze dell’ordine controllano le persone in strada, costringendo a tagliarsi la barba in pubblico e imponendo alle donne troppo coperte di tornare in casa o di scoprirsi il volto. In Turkmenistan in realtà non c’è un esplicito divieto al Niqab, ma esiste l’obbligo di indossare “abiti nazionali” al lavoro e nelle attività pubbliche, superando le tradizioni religiose con quelle civili. Anche in Tagikistan si impone di non indossare abiti “estranei” alle tradizioni nazionali, e le discussioni non mancano neppure a Dušanbe, su quali siano effettivamente gli abbigliamenti tradizionali.
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