13/12/2023, 08.54
RUSSIA
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Il crimine organizzato in Russia

di Vladimir Rozanskij

A Mosca sono in corso quattro grandi processi ai sensi dell'art. 210 del codice penale, quello che prevede la pena dell'ergastolo per le bande criminali. Tra i più seguiti quello per la "mafia della Taganka" e quello della holding commerciale Summa, che vede alla sbarra anche un banchiere e l'ex ministro Mikhail Abyzov.

Mosca (AsiaNews) - Negli ultimi mesi del 2023, al tribunale centrale di Mosca sono state giudicate quattro cause clamorose di crimine organizzato a cui si applica uno dei più severi articoli del codice penale, l’art. 210 che prevede l’ergastolo per la formazione di bande criminali. La più temibile di queste è quella dei taganskye, la “mafia della Taganka”, un quartiere centrale di Mosca, i cui capi sono ora dietro le sbarre con accuse di numerosi omicidi, rapimenti, grandi rapine, truffe, ricatti e montagne di armi illegali in vari depositi.

Il verdetto per i taganskye si attende per l’inizio dell’anno prossimo, e al loro livello si pone il procedimento con un gruppo meno sanguinario, ma anche più incisivo nei traffici dell’economia nera, quello della holding commerciale Summa, il cui fondatore Zijavudin Magomedov è già stato condannato a 19 anni di reclusione, e il fratello Magomed a 18 anni, insieme ad alcuni complici. Anche il proprietario della banca Baltika Oleg Vlasov ha ricevuto 17 anni di lager, e spera di ridurli in appello. Tra i grandi criminali è stato iscritto perfino un ex-membro del governo, Mikhail Abyzov, che tra il 2015 e il 2018 fu ministro della “società aperta”, dicastero poi soppresso ed evidentemente da lui interpretato in un senso assai poco consono al principio di legalità, raggiungendo secondo Forbes il 162° posto nella classifica degli uomini più ricchi di Russia, con un patrimonio di oltre 600 milioni di dollari.

Come spiega un’indagine di Novaja Gazeta, la riformulazione dell’articolo 210 mette sullo stesso piano i grandi crimini delle bande armate con quelli dei gruppi economici, usando l’arma della carcerazione preventiva che pospone la ricerca delle prove, e permette di usare la trattativa come principale veicolo dell’equilibrio tra Stato e mafie. Al processo giungono poi valanghe di carte e faldoni che nessuno si prende la briga di leggere, essendo tutto già stabilito nelle segrete stanze del potere e della detenzione. La grande massa di accusati, avvocati e pubblico ha costretto a usare l’aula principale del Mosgorsud, il tribunale centrale della capitale, trasformando il processo in un grande spettacolo.

L’interesse principale è stato suscitato dall’esposizione della procuratrice Svetlana Petrenko, che ha illustrato le manovre di Abyzov tra il 2011 e il 2014 come “beneficiario di una serie di compagnie off-shore, intorno alle quali si è formata una delle organizzazioni criminali più ramificate di tutta la Russia”. Si è trattato in pratica della descrizione della reale condizione della società russa, che ha superato i conflitti delle mafie negli anni Novanta, con un sistema assai più efficace e capillare di controllo dell’economia, soprattutto nello sfruttamento delle risorse energetiche siberiane.

Il paradosso è che l’unificazione dei processi investigativi sotto l’articolo 210, introdotta da Putin nei primi anni della sua presidenza, è stata poi contestata dallo stesso Putin nel 2020, quando nel messaggio presidenziale di inizio anno affermò che “bisogna smettere di usare l’articolo 210 come strumento punitivo nei confronti degli uomini d’affari”. La Duma di Mosca ha prontamente eseguito l’indicazione, approvando un correttivo al Codice per cui non si possono incriminare per quest’articolo gli imprenditori e i dirigenti delle aziende.

Rimane però una finestra ad uso delle forze dell’ordine, che prevede “per il collegamento con crimini particolarmente gravi” una possibilità di coinvolgere gli uomini d’affari nei processi alle bande criminali. Per questo i processi in corso cercano di mostrare tali legami, non tanto con le prove raccolte, ma con le teorie che permettono di dipingere un quadro complessivo. Il gruppo Summa dei Magomedov dava lavoro a centinaia di migliaia di persone, assicurando al bilancio statale tra i 20 e i 25 miliardi di rubli in tasse, oltre alle centinaia di milioni destinate a sostenere progetti assistenziali, e anche finanziamenti alla Chiesa ortodossa. In un contesto di crisi economica incontrollabile, in conseguenza delle guerre e delle sanzioni, si rende necessaria una nuova “divisione dei capitali”, chiamando i giudici a operare come ragionieri dell’economia statale, bianca, grigia o nera, o anche rossa del sangue delle mafie.

Fofo: Mikhail Abyzov (Wikimedia)

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