Il controllo russo delle nazionalità
Di fronte alle spinte separatiste il capo dell'agenzia per le questioni etniche in Russia propone di modificare il sistema di monitoraggio. Nella legislazione russa, e nella pratica giuridica, sono assenti criteri che permettano di qualificare disordini e malcontento come “problemi tra le nazionalità”, spesso derubricati a “dissidi economici" o "scontri di strada”.
Mosca (AsiaNews) - L’agenzia federale russa per le questioni delle nazionalità (Fadn) ha proposto di modificare il sistema statale di monitoraggio delle relazioni tra le etnie e le religioni, e di prevenzione delle situazioni di conflitto. Lo ha comunicato il capo dell’agenzia Igor Barinov, in risposta alle tante preoccupazioni che si stanno accumulando per le spinte separatiste e identitarie degli ultimi tempi. Gli esperti si dividono sulla necessità di limitarsi ad “aggiustamenti tecnici” del sistema, o al contrario cambiare radicalmente la politica per le nazionalità, un problema su cui si discute da secoli in Russia.
Le proposte al riguardo sono al vaglio di tutti gli organismi interessati, per arrivare a una risposta comune entro il mese di luglio. Il portale statale degli atti normativi rimarrà aperto ancora alcuni giorni, per accogliere tutti i suggerimenti. Barinov si è espresso contro l’uso del sistema Gism, la marcatura di tutti i manufatti in pelle per il controllo e la prevenzione a distanza, affermando che “le funzioni automatizzate non sono realmente efficaci, senza un sistema complessivo di controllo”, mentre la collaborazione tra le tante strutture federali richiede uno “scambio attivo di informazioni riservate”.
Si richiedono comunque misure di controllo sempre più rigide, vista l’inefficacia anche del “Centro situazionale” creato alla fine dello scorso anno, che dovrebbe monitorare 88 soggetti federali in accordo con le autorità locali. Si tratta per lo più di “dimensioni tecnico-giuridiche”, come sottolinea il docente di politologia Mikhail Burda: “sono decisioni importanti per ottimizzare il lavoro, ma non riescono a offrire un quadro veritiero della realtà”. Il controllo “automatizzato” serve a redigere verbali in cui i funzionari si scaricano a vicenda le responsabilità, sostiene ancora Burda.
I dati dovrebbero invece essere usati per un’analisi approfondita dei problemi etno-politici, secondo il politologo, e questo potrebbe costringere a “fare attenzione alle molte situazioni che non sono favorevoli alla burocrazia che si occupa del settore”. In Russia vige il principio che non esistono conflitti interetnici, nonostante i “tentativi dei sabotatori”, ha ricordato Barinov al recente Forum economico di San Pietroburgo, e quindi spesso “non vengono registrati perfino casi piuttosto rilevanti di conflitti e problematiche”.
Nella legislazione russa, e nella pratica giuridica, sono assenti i criteri che permettono di qualificare disordini e malcontento come “problemi tra le nazionalità”. Spesso vengono classificati come “dissidi economici, scontri di strada”, o con un’espressione ancora più generica, “relazioni di reciproca intolleranza sorti all’improvviso”. Per questo molti spostano l’attenzione proprio sulla precisazione dei criteri, più che sulle tecniche di sorveglianza: “prima la realtà, poi gli strumenti”, afferma Burda.
La Fadn è chiaramente sprovvista dei mezzi economici e del personale necessario per un lavoro così approfondito, riconoscono tutti gli esperti. Non avendo sezioni disposte sul territorio, rimane dipendente dalle incertezze delle amministrazioni locali, spesso portate a sottovalutare o distorcere i problemi; secondo Burda “manca una volontà politica centrale per coordinare questo immenso lavoro”, che invece richiederebbe “un intervento del governo federale che delinei la politica interetnica, migratoria e perfino demografica nel contesto di tutta la politica nazionale”. Tutte queste questioni oggi sono suddivise tra strutture diverse, spesso assai poco collaboranti tra loro.
Nel dibattito è intervenuto anche un membro del consiglio del presidente per i diritti umani, Aleksandr Brod, che ammonisce come “in un contesto così ampio e variegato come la Russia, basta una piccola scintilla per scatenare un enorme incendio”. Egli porta ad esempio i recenti scontri in diverse città russe tra tagichi e uzbeki, e le violente repressioni della polizia: non basta rafforzare i controlli e le azioni di polizia, col rischio di far esplodere tutto l’impero.