Il card. Ruini a Trabzon, nel ricordo di don Santoro rivendica la libertà religiosa
Trabzon (AsiaNews) – E’ andato tutto bene: la Messa per l’anniversario dell’uccisione di don Andrea Santoro è stata celebrata alle 11.30, come da programma, senza manifestazioni. Tutto straordinariamente tranquillo, a parte l’agitazione dei. numerosi giornalisti presenti, anche turchi.
Stamattina Trabzon si era svegliata sotto un cielo uggioso e freddo. Poche le persone per strada, vuoti i negozi della zona pedonale di questa vecchia città sul mar Nero, tra colline pennellate di neve.
Una giornata apparentemente normale, una delle tante noiose e ripetitive che avvolge questa cittadina, che in questo ultimo periodo è stata sbattuta su tutti i giornali, come ricettacolo di avvenimenti di sangue e violenza.
Silenzio e quiete per le strade, se non fosse per quelle macchine della polizia appostate sulla strada scoscesa e davanti al portone della piccola chiesa di Santa Maria.
E’ passato giusto giusto un anno quando, nel pomeriggio, una persona – identificata poi in un ragazzo ancora minorenne – è entrata proprio da quel portone di ferro, su cui bene in vista c’è la scritta in turco “Dio ti ama”, e ha sparato due colpi mortali al sessantenne don Andrea che stava pregando inginocchiato sull’ultima panca.
Oggi, per commemorare quel drammatico avvenimento sono venute dalla capitale italiana la mamma con le sorelle di questo sacerdote romano, e con loro il cardinale Camillo Ruini e suoi collaboratori, per rendere presenti “tutta la Chiesa di Roma, a cominciare dal suo vescovo, il Papa, che due mesi fa ha compiuto in Turchia una visita memorabile”, come ha ricordato lo stesso porporato durante la Messa.
Scortati dalla polizia fin dall’aeroporto – una striscia di terra strappata al mare – hanno subito voluto vedere i luoghi dove ha operato e vissuto don Andrea negli ultimi tre anni della sua vita.
E mentre in chiesa già fervevano i preparativi della celebrazione e un nugolo di giornalisti – turchi e stranieri – si accalcava con le telecamere per carpire con invadenza una parola, un commento, una dichiarazione, il gruppetto venuto da Roma ha preferito rifugiarsi nel cuore dell’edificio della canonica-convento: la cappellina progettata e ideata dallo stesso don Andrea nel luogo dove decenni fa i cappuccini - che nel 1854 fondarono questo monastero - custodivano il vino da loro pigiato e imbottigliato.
Ora questa cantina è un’accogliente e calda cappella, scantinato che è diventato il fondamento di tutta la casa, luogo dove in adorazione il nostro prete fidei donum nel nascondimento e nel silenzio sostava le ore in adorazione e preghiera. Ed è qui che, seduto umilmente su uno sgabello, sgranando il rosario, il cardinal Ruini ha vissuto la verità delle parole poi pronunciate durante la sua omelia: “Don Andrea, che pure era dotato dal Signore di un’intelligenza penetrante e di un carattere forte, sapeva bene che Dio si tiene nascosto a coloro che confidano nella propria intelligenza e sapienza e si rivela invece ai piccoli. Ha voluto pertanto rimanere piccolo davanti al Signore. Ha voluto imparare da Gesù, che è mite e umile di cuore. Ha portato dentro di sé la certezza che nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare: perciò non si è mai vergognato di Cristo, ma ha posto sempre in Lui la propria speranza e fiducia”.
E la mamma, un signora di 88 anni, distinta nel suo modesto cappotto color castoro e i suoi orecchini di finte perle, avvolta in un lungo sciarpone bianco ha sostato a lungo fissando senza battere ciglio la splendida icona raffigurante la crocifissione, per continuare quella preghiera ai piedi della croce che ha insegnato fin da piccolo a suo figlio e che ha portato Ruini ad affermare: “Siamo venuti soprattutto in atteggiamento di preghiera, come don Andrea che è vissuto qui per cercare e adorare il Signore nel silenzio, nell’ascolto della sua Parola, nell’accoglienza umile e caritatevole verso ogni persona”.
A concelebrare l’Eucarestia il nunzio di Ankara, mons. Antonio Lucibello, il vescovo dell’Anatolia mons. Luigi Padovese, padre Roberto Ferrari, veterano cappuccino che qui svolse il suo servizio negli anni settanta e l’attuale parroco di Trabzon, il giovane polacco don Vladimiro. Tra le panche, le religiose presenti nel sud dell’Anatolia che hanno animato la Messa con i canti in turco e un gruppetto di amici di Roma che proseguono l’opera del loro amico e fratello attraverso l’associazione da lui creata “Finestra sul Medio Oriente”.
E’ a tutti loro che il cardinale ha rivolto parole di incoraggiamento e ringraziamento: “Siamo venuti per esprimere la nostra vicinanza e solidarietà fraterna alla comunità cristiana di Trabzon, dell’Anatolia e dell’intera Turchia: siamo quindi felici che siano qui a celebrare con noi il nunzio e il vescovo di Anatolia, e li ringraziamo di tutto cuore. Insieme a loro ringraziamo il vostro parroco don Vladimiro e ciascuno di voi, cari fratelli e sorelle di Trabzon, che costituite qui il piccolo gregge del Signore Gesù: siamo e rimaniamo uniti a voi nella comune fede, nella preghiera, nella carità di Cristo”. E ancora, guardando con intensità e affetto, le tre donne giorgiane che non avevano esitato a scrivere una lettera al Papa per invitarlo in questa terra, quelle stesse donne che con la fierezza di essere cristiane in un mondo musulmano, non esitano a frequentare la chiesa con fervore e costanza, il vicario di Roma ha proseguito: “Siamo venuti spinti dall’affetto e dalla gratitudine per questo prete e parroco romano, che è stato testimone fedele del Signore Gesù fino all’effusione del sangue. Siamo venuti, sulle sue orme, in questa terra delle origini cristiane, che egli ha intensamente amato e verso la quale sentiva nel profondo dell’animo un debito di riconoscenza, perché attraverso questa terra la fede cristiana giunse a Roma”.
Presente anche il sindaco della città di Trabzon, che con commozione ha offerto un mazzo di fiori bianchi a mamma Maria, in segno di solidarietà e vicinanza. Fiori che la signora Santoro ha subito messo davanti all’icona raffigurante il volto sorridente e gioioso del figlio, dipinto dai giovani cristiani di Samsun, a ricordo di questo loro pastore e martire.
Ed è al sindaco e alle autorità civili presenti, che, oltre ad esprimere il proprio ringraziamento per l’accoglienza e per aver espresso rammarico verso l’orribile gesto compiuto un anno fa, il cardinal Ruini così dice: “Siamo venuti nello stesso spirito con cui è venuto tra voi don Andrea, con l’animo cioè di un amico della Turchia e del popolo turco, con atteggiamento di stima e di rispetto per l’islam e per la religione musulmana. Siamo venuti dunque per dare un contributo alla pace tra i popoli e tra le religioni, per testimoniare che il dialogo tra le religioni è possibile e doveroso, nel rispetto della fede di ciascuno e nell’amore per il fratello che è presente in ogni persona umana, creata ad immagine di Dio”. Ma con forza e chiarezza non ha esitato anche a dir loro: “Siamo venuti perché si affermi ovunque nel mondo la libertà religiosa, per chiedere a Dio di illuminare la mente e il cuore di ciascun uomo, affinché comprenda che soltanto nella libertà e nell’amore del prossimo Dio può essere veramente adorato”. E a conclusione, commosso confessa: “Siamo venuti portando nel nostro animo il dolore per la morte di don Andrea ma anche la gioia per la fulgida testimonianza che egli ha reso a Gesù Cristo e la certezza che il suo sacrificio non è stato vano”.
A testimonianza di ciò, la visita a sorpresa dei genitori del giovane assassino: una mamma e un papà che – dopo aver difeso a spada tratta mesi fa il proprio giovane, appena saputo della sua condanna come omicida - hanno voluto dimostrare il loro dolore incontrando colei che ha saputo da subito perdonare l’uccisione del proprio figlio.
Gesto profondo di riconciliazione e affetto, che ha stupito positivamente anche il vescovo dell’Anatolia, il quale ha voluto comunicare a tutti i presenti l’intenzione della Chiesa cattolica presente in Turchia di voler continuare, sulla scia della visita di Benedetto XVI e del cardinal Ruini, ad aver fiducia nelle persone di buona volontà che abitano questa terra e questa città.