Il card. Ranjith contro il proselitismo aggressivo delle chiese evangeliche in Sri Lanka
di Melani Manel Perera
L’arcivescovo di Colombo ha chiesto al governo una commissione interreligiosa per sorvegliare l’operato dei gruppi evangelici nel Paese. Perplessità nel mondo cattolico: queste comunità non comprendono la complessità e la delicatezza del fare evangelizzazione in Sri Lanka, ma non è giusto chiedere l’intervento dello Stato. I pastori evangelici rifiutano le accuse di conversioni forzate.
Colombo (AsiaNews) – Il card. Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, ha chiesto al governo dello Sri Lanka di formare una commissione interreligiosa per sorvegliare le chiese evangeliche del Paese. Il cardinale ha motivato la richiesta affermando che alcune di queste comunità avrebbero offerto soldi e aiuti di varia natura a buddisti e cattolici delle zone rurali per spingerli alla conversione. Il mondo cattolico del Paese si divide sulla mossa dell’arcivescovo: da una parte, essi criticano il proselitismo aggressivo delle chiese evangeliche; dall’altra, invocano una soluzione di dialogo tra le parti, per difendere il diritto fondamentale di libertà religiosa, senza l’intervento esterno dello Stato.
Il Ven. Samitha Thero, a capo del tempio Sri Paada Chaiththayaramaya di Baddegama (provincia meridionale), dichiara: “Penso a quanto accaduto dopo lo tsunami del 2004. Le comunità evangeliche facevano leva sul dolore delle famiglie, che avevano perso tutto. A volte le trascinavano via dai templi. È stata una minaccia soprattutto per i cattolici e per gli altri cristiani, più che per noi buddisti. Tutti hanno il diritto di diffondere la propria religione: ma disprezziamo i metodi usati da questi gruppi per diffondere la Parola di Dio. Queste sono conversioni forzate”.
Contattati da AsiaNews, alcuni cattolici spiegano che a dare luogo a problemi è la ristretta concezione di evangelizzazione che hanno questi gruppi. “Comprendere la delicatezza del contesto in cui si fa pastorale è fondamentale – spiegano –; pregare e diffondere la Parola di Dio in un Paese e in una società pluralista come la nostra ha bisogno di cure particolari”. E aggiungono: “Non è importante un’evangelizzazione aggressiva, ma il modello di incarnazione che si porta tra la gente”.
Tuttavia, la richiesta del card. Ranjith genera perplessità: “Non dovremmo rivolgerci alla macchina politica. Invece, sedersi e discutere insieme su come risolvere questi problemi, senza danneggiare il senso profondo degli insegnamenti cristiani. Come veri cattolici, dovremmo saper accettare tutti i nostri fratelli e sorelle, giuste o sbagliate che siano le loro azioni”.
Secondo altri cristiani, buddisti e musulmani, la mossa dell’arcivescovo è un tentativo giusto di proteggere i fedeli cattolici, ma “non dobbiamo dimenticare che tutti gli esseri umani sono liberi di seguire qualunque religione”. Inoltre, “chiunque può proclamare la Parola di Dio, purché questo non faccia del male al prossimo”. Per tale motivo, gli intervistati sottolineano che è giusto fermare qualsiasi comunità religiosa impegnata a convertire le persone con la forza, ma “non controllare gli evangelici, o qualunque altra Chiesa”.
Alcuni pastori evangelici rifiutano le accuse di conversione attraverso mezzi di coercizione, fisica o psicologica: “Non abbiamo mai fatto questo genere di cose. Noi insegniamo la Parola di Dio e le persone vengono da noi secondo la loro coscienza. Non diamo la caccia a nessuno”.
Il Ven. Samitha Thero, a capo del tempio Sri Paada Chaiththayaramaya di Baddegama (provincia meridionale), dichiara: “Penso a quanto accaduto dopo lo tsunami del 2004. Le comunità evangeliche facevano leva sul dolore delle famiglie, che avevano perso tutto. A volte le trascinavano via dai templi. È stata una minaccia soprattutto per i cattolici e per gli altri cristiani, più che per noi buddisti. Tutti hanno il diritto di diffondere la propria religione: ma disprezziamo i metodi usati da questi gruppi per diffondere la Parola di Dio. Queste sono conversioni forzate”.
Contattati da AsiaNews, alcuni cattolici spiegano che a dare luogo a problemi è la ristretta concezione di evangelizzazione che hanno questi gruppi. “Comprendere la delicatezza del contesto in cui si fa pastorale è fondamentale – spiegano –; pregare e diffondere la Parola di Dio in un Paese e in una società pluralista come la nostra ha bisogno di cure particolari”. E aggiungono: “Non è importante un’evangelizzazione aggressiva, ma il modello di incarnazione che si porta tra la gente”.
Tuttavia, la richiesta del card. Ranjith genera perplessità: “Non dovremmo rivolgerci alla macchina politica. Invece, sedersi e discutere insieme su come risolvere questi problemi, senza danneggiare il senso profondo degli insegnamenti cristiani. Come veri cattolici, dovremmo saper accettare tutti i nostri fratelli e sorelle, giuste o sbagliate che siano le loro azioni”.
Secondo altri cristiani, buddisti e musulmani, la mossa dell’arcivescovo è un tentativo giusto di proteggere i fedeli cattolici, ma “non dobbiamo dimenticare che tutti gli esseri umani sono liberi di seguire qualunque religione”. Inoltre, “chiunque può proclamare la Parola di Dio, purché questo non faccia del male al prossimo”. Per tale motivo, gli intervistati sottolineano che è giusto fermare qualsiasi comunità religiosa impegnata a convertire le persone con la forza, ma “non controllare gli evangelici, o qualunque altra Chiesa”.
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