Il calvario delle donne turkmene a Kabul
La repressione dei diritti delle donne da parte dei talebani risulta ancora più evidente per chi ha origine etnica diversa. Nelle regioni settentrionali dell’Afghanistan vivono centinaia di migliaia di turkmeni etnici, e nessuno si occupa della difesa dei loro diritti, anche per le relazioni gelide con Ashgabt.
Ashgabat (AsiaNews) - La condizione delle donne in Afghanistan è diventata particolarmente critica dopo il ritorno dei talebani, e secondo l’Unesco 1,4 milioni di ragazze hanno perso la possibilità di ricevere un’istruzione scolastica dal 2021. Il 15 agosto si sono infatti compiuti tre anni dalla fuga degli americani dopo 20 anni di amministrazione in seguito all’attentato alle Torri Gemelle di New York, lasciando il Paese in mano al governo islamico radicale e creando di fatto una delle più impressionanti crisi umanitarie a livello mondiale.
Le donne sono state completamente estromesse dalla vita sociale, non possono studiare né lavorare, non hanno il permesso di visitare i parchi pubblici e gli impianti sportivi, e sono costrette a muoversi indossando abiti che coprono ogni parte del corpo e del volto. Se una donna vuole andare al negozio o al mercato, lo può fare solo con l’accompagnamento del padre o di uno dei fratelli. La repressione delle donne risulta ancora più evidente per chi ha origine etnica diversa, soprattutto per le turkmene, come racconta a Radio Azatlyk un’abitante della città di Mazar-i-Sharif nella provincia di Balkh, la 26enne Djemal.
“Senza i talebani io sarei un medico con due anni di esperienza lavorativa, mentre ora sono costretta a rimanere chiusa in casa come se fossi in prigione”, racconta la ragazza. Per il primo anno i talebani avevano concesso la possibilità di studiare, consentendole di concludere il corso di studi medici nella sua città, ma il governo si è poi rifiutato di consegnare il diploma. “Con altre compagne abbiamo fatto numerose richieste, ma non sappiamo neanche a chi rivolgerci, perché le donne vengono ovunque ignorate, come esseri di seconda categoria, e se non siamo neanche di etnia afghana, allora scendiamo al terzo livello e ancora più sotto”.
Djemal conosce almeno altre 13 ragazze turkmene che hanno finito gli studi in varie specializzazioni, senza poter ricevere il diploma e venire assunte in qualunque lavoro. Solo in alcuni casi i talebani concedono il permesso, e le dottoresse possono lavorare soltanto nelle cliniche per le donne, ma le turkmene sono escluse anche da questa opportunità perché “non hanno il diploma”. “Nel futuro vediamo solo una grande oscurità”, afferma Djemal, “viviamo con il volto coperto, non solo per gli abiti obbligatori”.
Secondo la sua testimonianza, oggi in Afghanistan vivono molte madri rimaste sole con le proprie figlie femmine, che sono costrette ad attendere l’arrivo del marito o di un figlio una volta alla settimana per poter mettere il naso fuori dalla porta di casa. Se si esce da sole, i talebani fermano e puniscono con le frustate. Nelle regioni settentrionali dell’Afghanistan vivono centinaia di migliaia di turkmeni etnici, e nessuno si occupa della difesa dei loro diritti, sia per le repressioni interne, sia per le relazioni decisamente gelide tra Ashgabat e Kabul.
I prezzi dei generi alimentari e di prima necessità nelle zone abitate dai turkmeni sono molto più elevati che nel resto del Paese, e per sopravvivere tocca lavorare molto duramente, cosa ancora più difficile proprio per la segregazione delle donne. Il primo governo dei talebani aveva escluso praticamente tutte le altre nazionalità, ora qualche spiraglio si è aperto anche per i turkmeni, senza che finora questo abbia portato a un reale miglioramento della situazione.
Alcuni turkmeni e rappresentanti di diverse etnie vengono coinvolti nelle amministrazioni locali e in altri organismi statali, ma senza garanzie di continuità e di reale efficacia, considerando che a tutt’oggi il governo di Kabul non è riconosciuto a livello internazionale. Un riconoscimento almeno parziale dei diritti delle donne, come l’accesso all’istruzione, insieme al rispetto delle minoranze etniche, potrebbe rendere il sistema dei talebani più accettabile all’intera comunità mondiale, e soprattutto ai Paesi dell’Asia centrale.
Foto: Flickr / Global Panorama
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