Il Premier nepalese per la revisione delle leggi anti-conversione
di Kalpit Parajuli
Per il Primo ministro dimissionario Khanal il nuovo codice civile è contrario alla laicità dello Stato. Possibile una modifica in difesa delle minoranze e in grado di evitare contrasti con gli indù.
Kathmandu (AsiaNews) – Il Primo ministro dimissionario Jhalanath Khanal critica le leggi anti-conversione e accoglie la proposta di revisione di cristiani e minoranze religiose. Intervenendo a un convegno sul futuro del Paese, organizzato ieri dall’Ufficio del procuratore generale del Nepal, il premier “ha promesso di istituzionalizzare i cambiamenti dichiarati dopo l’abolizione della monarchia”. “La laicità dello Stato – ha affermato - è ormai entrata nella nostra società. Dobbiamo sostenere i diritti delle minoranze e rivedere il nuovo codice civile e penale”.
Proposto lo scorso 23 giugno, il nuovo codice doveva essere approvato per fine agosto, ma le dimissioni del Primo ministro Khanal hanno bloccato l’iter, rimandandolo a data da destinarsi. Nella sezione 9 il codice bolla come proselitismo qualunque gesto di comunicazione della propria fede a una persona. Le pene vanno da una multa di 470 euro a un massimo di cinque anni di carcere. Se il colpevole è uno straniero è prevista l’espulsione immediata dal Paese.
Per i partiti conservatori il controllo delle conversioni serve per limitare il rischio di uno scontro con gli indù. Fra gli influenti sostenitori di questa tesi vi è Khil Raj Regmi, capo della Corte suprema, che all’incontro con il premier ha bollato come proselitismo il diritto delle minoranze di celebrare in pubblico la propria fede.
“Bisogna punire i tentativi conversione diretti e indiretti – ha affermato – per evitare uno scontro interreligioso”. Pur con il favore dei partiti più conservatori, a tutt’oggi la posizione di Regmi è contestata da diversi giudici della Corte, che potrebbero bloccare l’iter in caso di incostituzionalità dei suoi contenuti.
Secondo Khanal, il governo è però ancora in grado di sfruttare il suo potere per proporre una modifica del codice, che tuteli le minoranze senza alimentare contrasti con gli indù.
Proposto lo scorso 23 giugno, il nuovo codice doveva essere approvato per fine agosto, ma le dimissioni del Primo ministro Khanal hanno bloccato l’iter, rimandandolo a data da destinarsi. Nella sezione 9 il codice bolla come proselitismo qualunque gesto di comunicazione della propria fede a una persona. Le pene vanno da una multa di 470 euro a un massimo di cinque anni di carcere. Se il colpevole è uno straniero è prevista l’espulsione immediata dal Paese.
Per i partiti conservatori il controllo delle conversioni serve per limitare il rischio di uno scontro con gli indù. Fra gli influenti sostenitori di questa tesi vi è Khil Raj Regmi, capo della Corte suprema, che all’incontro con il premier ha bollato come proselitismo il diritto delle minoranze di celebrare in pubblico la propria fede.
“Bisogna punire i tentativi conversione diretti e indiretti – ha affermato – per evitare uno scontro interreligioso”. Pur con il favore dei partiti più conservatori, a tutt’oggi la posizione di Regmi è contestata da diversi giudici della Corte, che potrebbero bloccare l’iter in caso di incostituzionalità dei suoi contenuti.
Secondo Khanal, il governo è però ancora in grado di sfruttare il suo potere per proporre una modifica del codice, che tuteli le minoranze senza alimentare contrasti con gli indù.
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