Il Partito comunista cinese e i fedeli commentano l’intervista di papa Francesco sui dialoghi con la Cina
Nei social papa Francesco viene bollato come “un politico”, come uno “strumento del soft power” cinese contro gli Stati Uniti, uno le cui mosse distruggono la Chiesa e la missione in Cina. Ma vi sono apprezzamenti per il suo continuare a tenere aperta la porta del dialogo, e per la sua stima verso la cultura cinese. Il Partito comunista cinese ribadisce che le religioni devono essere “indipendenti” e non devono subire alcuna influenza “dall’estero”. Il portavoce del ministero degli esteri ridice – come da anni – la “sincerità” con cui la Cina dialoga col Vaticano. La preghiera del card. Zen per papa Francesco.
Roma (AsiaNews) - Negli apprezzamenti sul dialogo fra Santa Sede e Cina da parte di papa Francesco, egli è stato “troppo politico” e le sue mosse non avranno “alcun risultato”. Vi è addirittura chi rileva che con quella intervista, il pontefice è diventato “strumento di soft power” per la Cina contro gli Stati Uniti nella guerra dei dazi. Altri, ancora più negativi, dicono che con il metodo di Francesco si distruggerà la missione della Chiesa in Cina, soprattutto la Chiesa sotterranea, e praticando un dialogo senza criteri di giustizia, si creerà solo “disastro” e “morte”. Sono alcuni dei commenti apparsi sui social network cinesi (cattolici) all’intervista che papa Francesco ha concesso a Reuters, e che alcuni lettori di AsiaNews in Cina ci hanno fatto pervenire. Conosciamo gli autori solo di alcuni dei commenti. Altri non sono firmati. In ogni caso, essi sono un saggio delle variegate opinioni che girano fra i cattolici sulla posizione della Segreteria di Stato vaticana e dell’atteggiamento del pontefice nei confronti del dialogo con la Cina. Fra i commenti che presentiamo ve ne sono anche di positivi, che lodano la stima di papa Francesco verso la cultura cinese, o che apprezzano il suo voler tenere aperta la linea del dialogo a tutti i costi, anche senza risultati apparenti. Va notato che negli stessi giorni vi sono state “risposte” di striscio – non dirette – al pontefice da parte di alcuni media ufficiali o semi-ufficiali. Il Global Times, giornale vicino al Quotidiano del popolo, il 21 giugno ha riportato le parole del portavoce del ministero cinese degli esteri, Geng Shuang, che ha usato la formula stereotipata – già usata molte volte e per anni - della “sincerità” con cui la Cina persegue “un dialogo costruttivo” per migliorare “le relazioni con il Vaticano”. Più pesante, anche se indiretto, l’articolo del “Quotidiano del popolo”, organo ufficiale del Partito comunista cinese. Nell’edizione del 19 giugno, ha riportato un’analisi sulla politica religiosa del governo cinese, elogiandola come garante della libertà religiosa di tutti, e ribadendo l’importanza del principio di “indipendenza” delle religioni da organi e strutture straniere (e quindi anche dalla Santa Sede), come pure l’assoluta necessità che le religioni siano “guidate” dal Partito comunista cinese.
Infine, il card. Joseph Zen – che il pontefice cita nella sua intervista –come unico suo commento all’intervista ha pubblicato in latino la preghiera “pro Pontifice”: “"Oremus pro Pontifice Nostro Francisco.Dominus conservet eum et vivificet eum et beatum faciat eum in terra et non tradat eum in animam inimicorum ejus". Riportiamo di seguito i commenti ricevuti da AsiaNews.
1) Anche se l’incontro bilaterale si è svolto in ritardo, il dialogo continua; si vede che (la Cina) ha lasciato una buona impressione a Roma. Certo, l’intervista ha poco contenuto: questo significa che le trattative non sono facili. Da un lato, c’è una buona impressione, dall’altro ci si rende conto della difficoltà del dialogo. Il Papa ritiene che il dialogo sia positivo e possa ancora procedere.
2) Gergo diplomatico, troppo politico, non mi interessa.
3) Non avrà alcun risultato.
4) Da quando nel 2013 è iniziato il pontificato di papa Francesco, la Santa Sede ha cercato di cambiare coraggiosamente le sue politiche interne ed esterne. Il Vaticano sta emergendo con una visione nuova nello scenario della politica internazionale che ha dato anche una nuova speranza sulla normalizzazione del rapporto diplomatico sino-vaticano.
La Cina, attualmente non è ridotta nella situazione irrevocabile [in cui si trovava] nella tarda dinastia Qing. Di fronte a una superpotenza, a un governo cinese fiducioso in sé, non è facile per la Curia Romana chiedere al governo cinese di rinunciare al controllo sulle religioni. La comunità clandestina, che si trova soprattutto nelle campagne o in zone arretrate, è un prodotto della “indecisione” della Santa Sede e sopravvive spesso in una condizione precaria.
Sul rapporto sino-vaticano, lo abbiamo notato spesso, è il Vaticano che supplica la Cina e non viceversa. Molti [in Vaticano] pensano che bisogna essere flessibili per ottenere maggiore libertà ai cattolici cinesi. In realtà, sulle questioni di fede, di religione, sulla Costituzione e sui diritti umani la Cina non ha cambiato nulla.
La tradizione della Chiesa vieta al potere temporale di intervenire sulle nomine episcopali. In questo caso, anche la Cina non permette a qualsiasi istituzione di funzionare all’interno del proprio territorio, con un sistema diverso dal suo (Associazione patriottica).
Dopo la Riforma economica cinese, e fino ad oggi, la Chiesa ufficiale ha cercato in tutti i modi di ristabilire i contatti con la Santa Sede; invece la Chiesa clandestina, a causa della morte dei vecchi vescovi, piano piano è diventata una comunità a sé stante. La Santa Sede si augura l’unità delle due comunità, ma in realtà esse si stanno allontanando sempre di più. Questo fatto crea inevitabilmente un ostacolo per lo sviluppo del cattolicesimo in Cina e diventa eventualmente una scusa per la persecuzione.
Soltanto dopo l’unità delle due comunità, la Santa Sede potrebbe svolgere le sue funzioni. A causa della mancanza di comunicazione, il ruolo della Sede apostolica è molto limitato.
5) [Il papa dice: Il dialogo è un rischio.] Rischiare, facendola pagare ai cattolici cinesi, in particolare alla comunità clandestina? È successo così già nel 1937, quando la Curia Romana e il Terzo Reich avevano degli accordi. E questo, alla fine ha rovinato la Chiesa in Germania.
6) Lui [il papa] evita le questioni e non tocca i punti essenziali. È un tipico diplomatico, un politico, in particolare per le frasi riferite al card. Zen. È troppo preoccupato [di fare bella figura] con la Cina e poi con una finale inaccettabile: “Io dico che i cinesi meritano il premio Nobel della pazienza, perché sono bravi, sanno aspettare, il tempo è loro e hanno secoli di cultura… è un popolo saggio, molto saggio”. Il Papa ha detto che “tutto il mondo rispetti la saggezza cinese”: non è davvero credibile! Apprezzare la saggezza cinese… Come i cinesi vedono la loro saggezza? Un uomo con un senso di giustizia direbbe che tale saggezza in realtà è solo furbizia.
7) Tenersi buono il governo cinese.
8) Il papa pensa che il card. Zen sia un po’ spaventato, ha paura di rischiare. Secondo il papa, il dialogo è un rischio e preferisce il rischio piuttosto che la sconfitta sicura senza dialogo. Quindi, papa Francesco sa benissimo che sta rischiando e vuole rischiare. Lui risponde attivamente a ogni forma di dialogo, anche quello “di tutti e con tutti” e quello culturale.
Il portavoce del ministero cinese degli esteri ha espresso il suo apprezzamento verso la Santa Sede, mostrando di usarla come uno strumento di soft power. Proprio nel giorno in cui gli Usa escono dal Consiglio Onu per i diritti umani in nome di Dio, e decide di stringere le sue politiche commerciali verso la Cina [v. guerra dei dazi], allora il vicario di Cristo è un buon delegato [della Cina] per accusare la politica di Trump in modo efficace e potente. Intanto, la Cina può sempre dire che essa rispetta la religione e afferma l’importanza della libertà delle religioni in Cina e promuove il loro sviluppo.
Questo uso del soft power, in modo non teatrale, questo esprimere un rispetto a lungo termine [per la Cina] può cambiare la Cina, ristabilire la fiducia. Il papa è molto lungimirante, perché sa bene che questa è una via d’uscita per il governo cinese, sebbene egli tenga soprattutto al benessere del popolo cinese. Il papa sottolinea di nuovo che “i cinesi meritano il premio Nobel della pazienza, perché sono bravi, sanno aspettare, il tempo è loro e hanno secoli di cultura… è un popolo saggio, molto saggio. Io rispetto tanto la Cina”. Sono parole che vengono davvero dal cuore.
9) Che bravo! Parla senza toccare le questioni.
10) Il dialogo è una cosa buona! Ma se dimentichiamo i principi, non è più buono.
Il dialogo tra Gesù e la donna peccatrice è un buon esempio per noi. Ci si può pentire dell’abbandono del principio del dialogo, mentre ad esempio si verificano demolizioni di chiese, arresti di vescovi e sacerdoti, divieto d’ingresso ai minorenni in chiesa, consacrazione di vescovi illegittimi, persecuzione continua? A cosa serve questo dialogo? Il dialogo tra la Chiesa e il potere temporale non significa che la Chiesa deve seguire il potere temporale. La Chiesa è la luce sul cammino dei fedeli, non è un’organizzazione atea, non è neanche un’azienda senza principi che tratta con il potere temporale. Cosa c’è da dire? Non sappiamo, che peccato!
Oggi, i cristiani stanno diminuendo in Occidente, gli asiatici pensano soltanto a guadagnare, il mondo cerca solo il denaro, allora chi sosterrà le virtù del popolo? Forse, senza la diplomazia e dialogo, la Chiesa non può più guidare il suo gregge? Il dialogo senza senso porterà soltanto il disastro e la morte.
07/04/2018 12:38
04/02/2019 08:29
20/02/2018 12:14