Il Partito Comunista cinese vieta ai media di parlare dei problemi sociali
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Centinaia di operai di una fabbrica di Wuhan (Hubei) il 17 gennaio si sono scontrati per ore con la polizia in tenuta antisommossa, cercando di far “fuggire” l’imprenditore che non ha pagato loro i salari. Intanto Pechino vieta ai media di parlare delle proteste pubbliche e di ogni altro problema sociale che può dare una brutta immagine della Cina.
La Wuhan 3541 Garment General Factory,che produceva uniformi militari, ha chiuso nel 2007 licenziando oltre 4mila dipendenti. Da allora questi aspettano i salari arretrati che, secondo una fonte dell’agenzia Radio Free Asia, sono tra 30mila e 40mila yuan ciascuno di sussidi per l’abitazione. Inoltre gli operai disoccupati chiedono di sapere il destino della fabbrica.
Il 17 gennaio oltre 1500 operai hanno bloccato le vie intorno alla fabbrica, protestando che l’imprenditore ha promesso da anni di pagarli e per impedirgli di fuggire.
Zhang Jian, un residente locale, dice che “alle ore 18,30 circa sono venuti poliziotti antisommossa e hanno cercato di portare via” l’imprenditore. Sono scoppiati gli scontri con gli operai, durati ore, con almeno 5 feriti.
In Cina ogni anno ci sono oltre 84mila proteste di massa per ragioni economiche, secondo i dati del 2008. I lavoratori hanno scarsa tutela e non sono rare proteste di piazza per il mancato pagamento di salari arretrati. Tuttavia qualcuno dice che Pechino sia preoccupata della cattiva pubblicità, piuttosto che di risolvere il problema.
Reporters Sans Frontieres (Rsf) afferma che il Dipartimento Propaganda (Dp, che è sotto il diretto controllo del Partito Comunista) ha imposto ai media un vero blackout di qualsiasi notizia sui problemi sociali ed economici, quali: l’aumento dei prezzi, la corruzione, le demolizioni forzate di case e lo spostamento coatto della gente, il permesso di residenza, l’inadeguatezza dei trasporti durante il Nuovo Anno Lunare (la grande migrazione annuale, appena iniziata), più in generale ogni dimostrazione di protesta contro le autorità. Le nuove direttive sono state impartite in incontri senza comunicati formali e con divieto di prendere appunti scritti. Il fine è di “rassicurare” la popolazione che la crescita economica prosegue e la prosperità aumenta. Già da anni ai media è proibito riportare i grandi disastri naturali o i gravi incidenti in fabbriche e miniere, a meno che non ne parlino prima i media statali ufficiali. Il Dp sta anche studiando di limitare le notizie diffuse dai notiziari locali e di proibire ai giornalisti di rispondere a domande di stranieri.
Rsf ricorda che simile grave censura è abituale, specie durante grandi eventi di rilievo mondiale come l’Expo di Shanghai nel 2010 e le Olimpiadi di Pechino, quando ai media viene proibito di riportare qualsiasi notizia che non sia ripresa dalle agenzie ufficiali. Secondo analisti, la grande preoccupazione di censurare notizie sui problemi sociali dimostra il grave malcontento diffuso tra la popolazione, pronta a scendere in piazza contro la polizia per difendere i diritti economici.