Il Papa in aereo: Il dono del pianto, i filippini, popolo di Dio, i veri protagonisti
Roma (AsiaNews) - E' un papa commosso quello che commenta con i giornalisti dell'aereo papale il viaggio appena concluso nelle Filippine. Francesco è stato mosso alle lacrime dai "gesti" "non protocollari", "sentiti" e "del cuore", come quel "gesto dei papà" che tenevano alzati i bambini perché il pontefice li benedicesse: "alzavano i bambini, quando passavamo per strada,... come se loro dicessero: Questo è il mio tesoro, questo è il mio futuro, questo è il mio amore, per questo vale la pena lavorare, per questo vale la pena soffrire".
Il "momento più forte" - al di là della messa record di ieri con 6-7 milioni di persone - è stato la messa a Tacloban con i sopravvissuti del tifone Yolanda: "Vedere tutto il popolo di Dio offrire, pregare dopo questa catastrofe... pensare ai miei peccati e a quella gente... è stato forte, un momento molto forte. Al momento della messa mi sono sentito come 'annientato', quasi non mi veniva la voce". "Comunque - aggiunge - il popolo di Dio, il Signore era lì. E la gioia e la presenza di Dio dice a noi: Pensate bene che voi siete i servitori di questi, ...questi sono i protagonisti".
Ricordando poi il dialogo con la ragazza che non è riuscita a terminare la domanda sulla sofferenza dei bambini, violentati dalla droga e dalla prostituzione, Francesco ha parlato anche del "dono del pianto": "E' una delle cose che si perde quando c'è troppo benessere, o i valori non si capiscono bene, o siamo abituati all'ingiustizia e alla cultura dello scarto. La capacità di piangere è una grazia che dobbiamo chiedere... Noi cristiani dobbiamo chiedere la grazia di piangere. Soprattutto i cristiani benestanti. Di piangere sulle ingiustizie, di piangere sui peccati. Perché il piangere mi aiuta a capire nuove realtà, nuove dimensioni".
La conversazione con i giornalisti del volo papale è durata oltre un'ora e Francesco ha risposto a molte domande. Fra i temi relativi al viaggio in Sri Lanka e Filippine vi è quello della povertà. Il papa afferma che "i poveri" sono il messaggio che ha voluto portare in questi due Paesi: "Il messaggio che la Chiesa dà oggi ... [sono] i poveri, le vittime di questa cultura dello scarto". "Oggi non si scarta solo la carta, quello che avanza soltanto, si scartano le persone, è la discriminazione... si scarta questa gente". A questo stile di vita - "di qui siamo noi, lì ci sono gli scartati" - rischia di abituarsi perfino una Chiesa che vive in modo troppo "mondano". Il pontefice poi racconta di un barbone a Roma a cui un ospedale rifiutava le cure e parla di "terrorismo di Stato" quando la cultura dello scarto viene attuata anche nelle istituzioni pubbliche.
A un giornalista che gli chiede di spiegare di più il concetto di "colonizzazione ideologica" sulla famiglia (da lui trattata nell'incontro di Manila con le famiglie), egli racconta esempi tratti dalla sua vita, in cui delle agenzie per lo sviluppo promettevano aiuti in cambio della diffusione dell'ideologia del gender. Poi ricorda che "durante il sinodo [scorso] i vescovi africani si lamentavano di questo: certi prestiti a certe condizioni". Il papa spiega che si sfruttano "i bisogno di un popolo" per manipolare e diventare forti, cercando di cambiare la mentalità del popolo a partire dai bambini. E aggiunge: "Non è una novità questo: lo hanno fatto le dittature del secolo scorso, sono entrate con la loro dottrina - pensate ai balilla, pensate alla gioventù hitleriana - hanno colonizzato il popolo, ... ma quanta sofferenza". E per far capire meglio il concetto di "colonizzazione ideologica", consiglia ai giornalisti di leggere il libro "Il padrone del mondo" di Robert Hugh Benson (1903).
Il papa ha ribattuto ancora il valore dell'Humanae Vitae di Paolo VI - a suo tempo fortemente osteggiata anche da molto mondo cattolico - che pur aprendo alla misericordia per i casi personali, aveva di mira il "neomalthusianesimo universale". E porta l'esempio di Italia e Spagna, dove il tasso di natalità è meno dell'1%. "Ma questo - aggiunge - non significa che il cristiano deve fare figli come conigli". E ripropone il tema della "paternità e maternità responsabile" anche per correggere lo squilibrio demografico a cui fa fronte l'occidente. E poi ha aggiunto che occorre "paternità responsabile", ma anche imparare dai poveri: "per la gente più povera il figlio è un tesoro".
Un altro tema legato al viaggio è quello della corruzione, che è "togliere al popolo": la corruzione "ruba", "uccide" e "trova facilmente nido nelle istituzioni". Il papa sottolinea che la corruzione è "un problema mondiale". E afferma che la corruzione può esistere anche nella Chiesa: "Tutti siamo peccatori. Ma quando parliamo di corruzione parliamo di persone corrotte o di istituzioni della chiesa che cadono nella corruzione. E ci sono casi... Ma ci sono tanti santi, tanti santi. Che sono peccatori, ma non corrotti".
Francesco ha voluto anche precisare la notazione da lui fatta durante il viaggio dallo Sri Lanka a Manila sul "pugno" e sulla difficoltà a mettere insieme il diritto alla libertà di espressione e quello a non essere offesi nel proprio credo.
Il papa ha precisato che "una reazione violenta... non si deve fare", ma "io non posso provocare, insultare una persona continuamente perché rischio di farla arrabbiare". Per Francesco "la libertà [di espressione] deve essere accompagnata dalla prudenza".
Proprio mentre l'aereo passava sopra i cieli della Cina, una giornalista ha domandato spiegazioni sull'incontro negato al Dalai Lama e sui rapporti con Pechino. Il papa ha detto di non aver rifiutato l'incontro con il leader buddista tibetano, ma "è abitudine del protocollo della Segreteria di Stato, non ricevere capi di Stato di quel livello, quando sono in una riunione internazionale, qui a Roma". Il Dalai Lama era a Roma per un incontro con i premi Nobel mondiali. "Il motivo - ha ribadito - non era il rifiuto della persona o la paura della Cina".
E sui rapporti con Pechino ha detto: "Il governo cinese è educato e noi siamo educati. Facciamo le cose passo passo, come si fanno le cose. Ancora non si sa... ma loro sanno che io sono disposto a ricevere o ad andare. Ancora non si sa".
A un giornalista che gli domandava qualcosa sulle risposte dei leader islamici all'impegno contro il terrorismo dell'Isis, il pontefice ha ricordato le sue ripetute richieste per una condanna comune, soprattutto da parte dei leader e degli intellettuali musulmani, e ha aggiunto che "anche il popolo islamico moderato chiede quello ai suoi leader. Alcuni hanno fatto qualcosa. Io credo che bisogna dare loro un po' di tempo. Perché la loro situazione non è facile. E io ho speranza, perché c'è tanta gente buona, tra loro, tanta gente buona, tanti leader buoni".
Infine, Francesco ha anche parlato dei diversi viaggi allo studio per il prossimo futuro: per il 2015 Stati Uniti (Filadelfia, New York, Washington); Ecuador, Bolivia e Paraguay; alcuni Paesi africani (Repubblica Centroafricana e Uganda); per il 2016 sono allo studio altri Paesi latino-americani. Ma il tutto - ha aggiunto - "è ancora a livello di studio".