Il Pakistan bandisce il gruppo Jamaat-ud-Dawa e ne arresta i capi
Islamabad (AsiaNews) – Il governo pakistano ha bandito il "movimento caritativo" Jamaat-ud-Dawa (JuD), arrestato i suoi dirigenti, chiusi gli uffici nell’intero Paese, congelati i conti bancari e proibite le sue pubblicazioni, dopo che due giorni fa l’Onu ha condannato il gruppo perché ritenuto fiancheggiatore dell’organizzazione estremista Lashkar-e-Taiba (LeT), compartecipe negli attentati di Mumbai e collegato con al-Qaeda. Alle televisioni è stato proibito di “riportare le dichiarazioni di gruppi banditi”.
Manca un annuncio ufficiale, che si ritiene arriverà dopo l’incontro già fissato per stanotte tra i più alti responsabili per la sicurezza pubblica. Il premier Syed Yousuf Raza Gilani ha solo confermato che il Paese ha preso atto della risoluzione 1267 del Consiglio di sicurezza riguardo certi individui e gruppi e che “adempierà in modo pieno agli obblighi internazionali”.
La polizia ha chiuso la moschea Qudsia a Chauburji Chowk (Lahore), quartier generale di JuD, e altri 18 uffici nel Punjab. Pare siano stati censurati anche il settimanale “Ghazwa” e il mensile “Al Dawa”, entrambi pubblicati dal JuD.
Agli arresti domiciliari anche il leader di JuD Hafiz Mohammed Saeed, già capo di LeT, che in precedenza ha criticato la risoluzione Onu come “un tentativo di colpire i gruppi religiosi”, annunciato la volontà di contestarla in Pakistan e presso i tribunali internazionali, sfidato India e Stati Uniti a portare prove delle presunte attività terroriste di JuD. Ha proclamato la loro piena estraneità riguardo ai fatti di Mumbai, dicendo che “abbiamo sempre rifiutato il terrorismo, l’uccisione di gente innocente, gli attentati suicidi”. Ora la sua casa è circondata dalla polizia. L’ente gestisce centinaia di scuole islamiche e di centri medici (nella foto: membri Jud distribuiscono alimenti in un campo di aiuti).
Dopo gli attentati di Mumbai, dove 10 terroristi pakistani hanno ucciso circa 172 persone, ambienti indiani hanno accusato il Pakistan di non collaborare per individuare e arrestare possibili complici. Il premier indiano Manmohan Singh, parlando al parlamento prima di queste ultime iniziative, ha insistito che “l’epicentro del terrorismo è in Pakistan” e va smantellato in modo permanente, “non ci bastano semplici assicurazioni”.
In un comunicato, la Commissione nazionale giustizia e pace della Chiesa cattolica pakistana osserva che “entrambi i Paesi debbono collaborare molto e risolvere i contrasti, perché è vero che i terroristi hanno ottenuto una sorta di impunità e stabilito profonde radici in Pakistan. Ma il Pakistan è a sua volta vittima del terrorismo” e lo Stato ha persino difficoltà a controllare intere regioni, come lo Swat, da anni zona di scontri militari. “Anche l’India da tempo affronta un terrorismo interno”, che ha fatto attentati “in Assam, Orissa, Rajasthan e Punjab, tra gli altri”. “Per sradicare il terrorismo dall’Asia meridionale, entrambi i Paesi debbono collaborare, senza soccombere a sciovinismi”.