28/12/2024, 08.59
LIBANO
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Il Natale dei cristiani libanesi al fronte sud, un segno di speranza

di Fady Noun

Celebrando la messa di mezzanotte a Rmeich e quella del 25 a Kley'a, in un Libano relativamente stabile, il nunzio apostolico ha elogiato la tenacia dei fedeli del Paese dei cedri. E del loro attaccamento alla loro terra, che è “santa”. Riprendendo le parole del papa, l’esortazione a non lasciarsi “mai rubare la vostra speranza”.

Beirut (AsiaNews) - In un Libano relativamente stabilizzato dalla decisione di applicare la risoluzione 1701 dell’Onu e dalla caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria, il nunzio apostolico mons. Paolo Borgia ha voluto celebrare il Natale a Rmeich (12mila abitanti) e Kley’a (2.500 abitanti). Si tratta di due cittadine cristiano-maronite di confine che hanno attraversato, non senza difficoltà, i quattordici mesi di guerra che Hezbollah ha condotto contro Israele a sostegno di Hamas, dall’8 ottobre 2023 sino al cessate il fuoco dell’8 dicembre scorso.

Grazie alla scelta di opporsi ad un qualsiasi tipo di utilizzo da parte dei miliziani di Hezbollah del loro spazio territoriale e delle risorse umane, unito alla stretta sorveglianza di questa zona da parte di uomini abili e valorosi, le due cittadine, pur essendo situate “in prima fila” sul campo di battaglia, non sono state direttamente prese di mira dall’esercito israeliano durante il conflitto. Tuttavia, hanno vissuto in condizioni molto precarie durante gli ultimi mesi di scontri a fuoco, quando le strade sono diventate pericolose e le derrate alimentari e i beni di prima necessità dovevano essere trasportati nella zona con grande rischio.

“Certo, da lato è vero che non siamo stati bombardati direttamente” riferisce ad AsiaNews p. Tony Elias, parroco di Rmeich, ma “questo non significa che non abbiamo avuto paura”. “Le nostre finestre, le terrazze, i muri e le sommità degli edifici sono stati colpiti dai proiettili. Per non parlare degli ordigni - aggiunge - che hanno colpito le zone periferiche del paese e delle ricadute del fuoco di intercettazione delle granate, che ha danneggiato sei case e ne ha completamente distrutta una settima. Se si cammina per le strade del villaggio, si nota che molti muri sono crepati, spaccati o bucati a causa della guerra”.

Le conseguenze economiche della guerra hanno colpito Rmeich e Kley’a come qualunque altro territorio. “Quasi 10mila ulivi - spiega il sacerdote - sono stati distrutti nei campi di Rmeich durante la guerra, per non parlare dei danni subiti dalla coltivazione del tabacco e dall’apicoltura”. “Due terzi degli abitanti di Rmeich - ricorda - vivono dei proventi della terra”.

“Rmeich e Kley’a sono accessibili su strada, senza un’autorizzazione speciale dell’esercito libanese” assicura p. Pierre Rahi, parroco di Kley’a. Ma per raggiungere le due città bisogna passare per Nabatiyeh, dove il vecchio souk, orgoglio degli abitanti, è stato distrutto senza pietà dai bombardamenti aerei israeliani. “L’abbiamo attraversata con il cuore pesante, era pietoso vedere tutta la distruzione” afferma il rappresentante del papa.

Il nunzio apostolico ha celebrato la messa di mezzanotte a Rmeich e la solenne funzione del giorno di Natale a Kley’a. Fra un impegno e l’altro, racconta ad AsiaNews mons. Borgia “ho avuto la gioia di vedere la comunità locale unita”. “Per la messa di mezzanotte, la chiesa era gremita” ha proseguito, non senza manifestare un profondo piacere.

Il rappresentante della Santa Sede ha poi detto di essere stato testimone della realtà del “radicamento nella fede” del popolo libanese, così come “della sua capacità di resistere alle avversità, di rimanere saldo e di condividere”. “È bello vedere in Libano questa tenacia, questo attaccamento alla terra e alla fede cristiana” sottolinea non senza una punta di orgoglio. “Per il Libano, questi - conclude - sono grandi segni di speranza”.

“Sicuramente, i nostri rapporti con l’arcivescovo maronita di Tiro sono molto buoni” riprende il parroco di Rmeich, il quale poi aggiunge che “è confortante sapere che godiamo della sollecitudine diretta di papa Francesco”. “Questa è la sesta volta che il nunzio apostolico ci fa visita” osserva un suo confratello di Kley’a.

Al suo arrivo, il 24 pomeriggio, mons. Paolo Borgia è stato accolto nel convento delle religiose dell’Ordine Maronita Libanese (Olm), dove ha trascorso la notte. Ha prima partecipato a un gioioso scambio di doni e ha cenato circondato dagli ospiti, prima di celebrare la messa. Nelle sue omelie, il prelato ha avuto un pensiero per tutte le comunità presenti nel Sud del Libano, per quelle che sono potute rimanere e per quelle che non hanno potuto farlo, così come per coloro che hanno perso le loro case o che non possono ancora farvi ritorno.

“Ho voluto celebrare qui questa messa di Natale, sia perché Gesù è nato di notte, come dice il Vangelo, sia perché la notte [...] rappresenta - osserva il diplomatico vaticano - in qualche modo l’incertezza dell’oggi e del domani, ancora pieno di rischi e di tante sfide”. “Con la mia presenza, vorrei dire - riprende mons. Borgia - che in questa notte di vita mi sento al vostro fianco, mi sento con tutti voi, proprio come farebbe il santo padre, che rappresento in questo Paese”.

“I cristiani libanesi hanno una fede ancestrale, radicata in questa “terra santa” perché percorsa da Cristo e dai suoi discepoli” ha quindi aggiunto. “Una terra amata che, nonostante tutto e grazie a Dio, non avete mai lasciato e che continuate ad abitare, fieri delle vostre origini. Questa fede apre i vostri cuori alla speranza. E come ha scritto papa Francesco: non lasciatevi mai rubare la speranza, non rinunciate mai a un futuro - ha concluso il prelato - che può sempre essere migliore del presente, credete nel futuro, forti del sostegno di Dio”.

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