Il Natale a lutto dei cristiani d’Iraq
di Louis Sako*
Per l’Iraq sarà un altro Natale all’insegna della massima sicurezza, dopo la raffica di attentati ai cristiani. Niente funzioni alla Vigilia, niente addobbi o cerimonie. Una comunità sofferente e decimata si prepara comunque a vivere il messaggio di speranza che arriva dalla nascita di Gesù sulla terra, perché “gioia e martirio sono sempre legati per i cristiani iracheni”. La testimonianza di mons. Louis Sako arcivescovo caldeo di Kirkuk.
Baghdad (AsiaNews) – Dopo l'attentato alla cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso (31 ottobre, 57 morti, ndr) e il continuo assassinio dei cristiani, non ci saranno messe nella notte di Natale né a Bagdad, né a Mosul, né a Kirkuk.
Per questioni di sicurezza, le chiese non avranno addobbi e decorazioni e le messe si celebreranno solo con la luce del giorno e con la massima sobrietà.
Uno stato di tristezza e lutto perenne regna fra i cristiani. La preoccupazione è grande per il futuro dei giovani che da due mesi ormai non possono frequentare l’università. Stesso stato d’animo per le numerose famiglie rifugiate al Nord, costrette a pensare a un futuro basandosi su un concreto niente. Da parte del governo non ci si aspetta nulla di rassicurante sul fronte della difesa dei cristiani: la leadership è troppo occupata nella formazione del nuovo esecutivo.
A Kirkuk la sicurezza è un po’ migliore che nella capitale, ma anche qui ci sono rapimenti e minacce. Per questo abbiamo deciso, per la prima volta dopo sette anni dall’inizio della guerra, di non celebrare la messa durante la notte. Di non fare festa: non ci sarà Babbo Natale per i bambini, non ci saranno cerimonie per gli auguri ufficiali con le autorità.
Sono già sei settimane che non celebriamo messe per mancanza di sicurezza. Celebriamo solo nella tarda mattinata e il sabato nel pomeriggio. Per il momento abbiamo fermato anche la catechesi. Non abbiamo diritto di mettere a rischio la vita della gente. Ci sono guardie davanti a tutte le parrocchie, ma il problema è quando si esce in fila in strada. I cristiani sono un obiettivo facile. Anche in questo Natale, nonostante tutto, pregheremo per la pace. Aiuteremo le famiglie povere di Kirkuk e Soulaymania: finora qui sono arrivate 106 famiglie da Baghdad e Mosul.
Nella mia omelia insisterò sui problemi, gli scontri e le paure sulla terra degli uomini, dove però il Natale porta un messaggio di speranza. Evidentemente cielo e terra sono due realtà diverse. Al Natale è seguita la strage degli Innocenti. Dunque anche per noi iracheni Natale, speranza e gioia sono legati a dolore e martirio.
La pace è un progetto: gli uomini soprattutto quelli di buona volontà dovrebbero realizzarlo. Noi cristiani se vogliamo essere cristiani e se accogliamo il Natale e il suo messaggio, dobbiamo essere veri artigiani della pace, della concordia fra i nostri fratelli e sorelle irachene.
* Arcivescovo caldeo di Kirkuk
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