Il Giappone discute sulle scuse alle “donne-conforto” coreane
Tokyo (AsiaNews) – Per la prima volta dalla fine dell’imperialismo giapponese, un esponente del governo giapponese commenta una questione spinosa come quella delle cosiddette “donne-conforto”, scelte per fornire prestazioni sessuali all’esercito giapponese durante la seconda guerra mondiale. Tomiko Okazaki, presidente della Commissione nazionale per la pubblica sicurezza del Giappone e ministro per gli Affari dei consumatori e la Sicurezza alimentare, ha dichiarato in merito che il governo giapponese deve presentare scuse e risarcimenti economici a queste donne. La dichiarazione della Okazaki è giunta in risposta a una domanda del consigliere del Partito liberal democratico Shoji Nishida, durante una riunione della Camera dei consiglieri tenutasi lo scorso 28 ottobre.
Fino a oggi, il governo giapponese ha sempre sostenuto che la questione delle riparazioni, per i danni subiti durante l’occupazione giapponese della Corea, era stata risolta con l’accordo stipulato nel 1965. Tuttavia, una volta eletto l’attuale premier Naoto Kan ha adottato una posizione meno rigida, sostenendo che c’era ancora possibilità di risarcimenti da cittadino a cittadino.
Da quando ha assunto la posizione di presidente della Commissione nazionale di pubblica sicurezza, la Okazaki è stata bersaglio di un attacco congiunto da parte di politici del partito di opposizione, a causa della sua partecipazione a una manifestazione anti-Giappone del 2003, davanti all’ambasciata giapponese a Seoul, organizzata da un gruppo che sosteneva i diritti delle “donne-conforto”.
Un altro segnale di dialogo tra i due Paesi è giunto poco tempo fa, quando la Sukokan Okura, il Museo di belle arti di Tokyo, ha annunciato la volontà di restituire alla Corea la pagoda in pietra a cinque piani di Icheon, che il Giappone ha sottratto più di 90 anni fa. La pagoda, alta circa sei metri, in origine è stata eretta nel quartiere Gwango-dong di Icheon, per poi essere presa dal Giappone e posta nel giardino dietro il museo. In passato, l’Okura aveva più volte respinto le richieste di ritorno della pagoda, sostenendo che i coreani potevano andare a Tokyo per vederla, visto che la fondazione poteva garantire una manutenzione migliore rispetto a quella che avrebbero potuto offrire i musei coreani. Gli analisti sostengono che, se la pagoda dovesse essere davvero restituita, potrebbe avere un effetto molto positivo sul ritorno in Corea di altri beni culturali ospitati in istituzioni private in Giappone.