Il Dalai Lama “vicino agli uiguri” spaventa Pechino
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – In Tibet “non c’è nessun problema serio, nonostante quello che dice il Dalai Lama”. Lo dice oggi il neopresidente della Regione autonoma cinese Padma Choling, ribattendo alle accuse lanciate ieri dal leader tibetano in esilio, secondo il quale Pechino “sta cercando di cancellare il buddhismo”.
Ieri, 51esimo anniversario della rivolta del 1959 e secondo anniversario delle proteste che nel 2008 si sono verificate in molte zone della Cina a popolazione tibetana, non sono stati segnalati incidenti.
“A Lhasa – ha aggiunto Padma, “falco" dell’amministrazione tibetana - si possono vedere monaci e monache dappertutto. In Tibet esistono circa 1.700 luoghi religiosi e vivono 46mila monaci”.
Il Premio Nobel per la Pace, nel suo discorso, ha accusato il governo centrale cinese di aver ridotto i monaci in uno stato di “semi-schiavitù” e ha espresso il suo sostegno per le popolazioni del Turkestan orientale – gli uiguri, che Pechino indica come gruppo separatista - e per quegli intellettuali che criticano il regime. Chiaro il riferimento a Liu Xiaobo, dissidente cinese autore di “Carta ‘08” condannato a 11 anni di galera.
Il presidente della Regione ha criticato il Dalai Lama per aver definito “Turkestan Orientale” la regione cinese dello Xinjiang, usando il termine “coniato dai locali nazionalisti anticinesi. Non deve fomentare la rivolta nel nostro Paese”. Nelle proteste anticinesi del 2008 hanno perso la vita, secondo gli esuli tibetani, circa 200 persone, mentre il governo afferma che le vittime sono state “poco più di venti”.
Anche il governo centrale attacca il leader buddista. Secondo il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Qin Gan, “il Dalai Lama deforma” la reale situazione in Tibet. Inoltre, sempre secondo Qin, il sostegno agli uiguri “rappresenta una dimostrazione del suo desiderio di danneggiare l'unità nazionale della Cina e del suo separatismo”.
11/07/2018 08:31