Il Cairo, centinaia di islamisti rifugiati in una moschea. Nuovi attacchi a chiese e edifici cristiani
Il Cairo (AsiaNews) - Centinaia di islamisti sono barricati nella moschea Ghamal Al-Fatah dalla scorsa notte(v. foto), dopo gli scontri sanguinosi con l'esercito seguiti al "Giorno dell'ira" lanciato dai Fratelli musulmani per chiedere il ritorno del deposto presidente Mohamed Morsi. Intanto rappresentanti delle Chiese cristiane stanno stilando un elenco di nuovi attacchi contro edifici cristiani avvenuti ieri ad opera dei sostenitori di Morsi.
La moschea Al-Fatah si trova vicino a piazza Ramses, il punto d'incontro degli islamisti per le dimostrazioni di ieri, che volevano sfidare lo stato di emergenza e il coprifuoco imposto dall'esercito, dopo il bagno di sangue di tre giorni fa in cui sono morte oltre 600 persone.
La situazione attuale è confusa. Alcune fonti dicono che i militari sono entrati nella moschea per negoziare l'uscita dei dimostranti. Molti di loro chiedono di non essere arrestati e di essere protetti da possibili cecchini all'esterno dell'edificio. Altre fonti dicono che gli oltre 700 rifugiati vogliono rimanere asserragliati nella moschea, circondata da carri blindati e soldati in tenuta anti-sommossa. Alcuni media di Stato affermano che sono stati sparati colpi provenienti dall'interno dell'edificio.
Secondo fonti ufficiali ieri sono stati arrestati almeno 1000 dimostranti, dei quali più di 500 al Cairo. Manifestazioni sono avvenute anche in altre parti del Paese. Il bilancio aggiornato dei morti si aggira sulle 100 vittime, metà delle quali in provincia.
Testimoni affermano che i dimostranti non erano per nulla gente indifesa, ma armati di tutto punto anche con armi automatiche. L'esercito si è scontrato con loro quando essi hanno cercato di attaccare e incendiare edifici pubblici o stazioni di polizia. Uno degli edifici che è andato distrutto è la banca del sangue del Cairo, vicino a piazza Ramses, dove sono conservati milioni di sacche provenienti da donazioni sanguigne. Gli islamisti sono penetrati nell'edificio e vi hanno dato fuoco, mentre all'interno i sette impiegati cercavano di salvarsi. I dimostranti pro-Morsi hanno poi accolto con raffiche di mitra i pompieri sopraggiunti per spegnere l'incendio.
Come nei giorni scorsi, anche ieri gli islamisti favorevoli al ritorno di Morsi hanno attaccato chiese e edifici cristiani. Voci non confermate parlano di oltre 50 edifici colpiti, ma una verifica più obbiettiva da parte di organizzazioni cristiane conferma per ora il saccheggio di cinque chiese, in aggiunta ai 39 edifici bruciati nei giorni scorsi.
La popolazione egiziana sembra sempre più schierata con l'esercito e soprattutto contro i Fratelli musulmani definiti "terroristi" per la loro violenza e i loro progetti di islamismo radicale. Ma nel Fronte nazionale di liberazione, un insieme di gruppi che hanno portato alla caduta di Morsi, alcuni tendono a criticare le violenze dell'esercito di questi giorni. Ieri Khaled Dawoud, portavoce del Fronte, si è dimesso; il 14 il vice-presidente Mohamed El-Baradei ha dato le dimissioni perchè non voleva essere associate al "bagno di sangue, che poteva essere evitato".
Ieri i dimostranti pro-Morsi hanno ricevuto il sostegno dei gruppi fondamentalisti vicini ad Hamas a Gerusalemme e a Ebron. Anche il ministero degli esteri dell'Iran ha parlato a favore degli islamisti. Critiche alla mano pesante dell'esercito sono venute da gruppi musulmani in Indonesia e Malaysia. Rimane invece forte l'appoggio al governo egiziano da parte di Arabia saudita, Emirati, Giordania, Libia e Siria.