22/02/2023, 11.54
ASIA SUD-EST
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I prezzi crescono, ma per il sud-est asiatico la guerra in Ucraina è ancora distante

Con l'eccezione di Singapore, unica nazione della regione ad aver imposto sanzioni alla Russia, la maggior parte dei Paesi asiatici non vuole schierarsi. Le preoccupazioni maggiori riguardano l'incremento dei costi delle materie prime. Diversi Stati hanno mantenuto le relazioni con Mosca, anche per l'influenza delle campagne di propaganda amplificate da Pechino.

Milano (AsiaNews) - Nel sud-est asiatico, un anno fa, all’annuncio dell’“operazione militare speciale” della Russia, si credeva che l’invasione dell’Ucraina si sarebbe rivelata una guerra-lampo simile all’occupazione della Crimea nel 2014. Invece le conseguenze del conflitto continuano a farsi sentire: gli abitanti della regione si lamentano dell’aumentato prezzo degli alimenti e dei beni di prima necessità, ma allo stesso tempo percepiscono il conflitto come un evento distante che riguarda gli Stati Uniti, la Russia e la Nato e con il quale le nazioni dell'area non hanno niente a che fare.

È questa l’opinione ambivalente espressa dai cittadini in diversi sondaggi e da esperti e diplomatici sentiti dal South China Morning Post. Sebbene sia opinione diffusa che Mosca abbia violato il diritto internazionale con la sua offensiva, il sostegno all’Ucraina è meno netto rispetto ai Paesi europei proprio per la percepita distanza del conflitto, e tali opinioni sono rimaste pressoché invariate dal ​​24 febbraio 2022 quando sono iniziati i combattimenti.

In Malaysia il 54% degli intervistati in un sondaggio Ipsos ritiene che "i problemi dell'Ucraina non sono affari nostri e non dovremmo interferire". A concordare con queste affermazioni sono il 60% degli intervistati in Thailandia, il 44% a Singapore e il 48% in Indonesia. Il sostegno alle sanzioni è molto marcato in Svezia, Polonia e Gran Bretagna (alcuni dei Paesi occidentali inclusi nell’indagine), ma non ha superato la soglia del 50% a Singapore (unico Paese della regione ad aver imposto sanzioni contro la Russia), in Indonesia, in Thailandia e in Malaysia. Anche la preoccupazione dei cittadini asiatici verso il conflitto varia in maniera considerevole: in un sondaggio effettuato dall'Istituto ISEAS-Yusof Ishak è emerso che in Laos solo il 14% degli intervistati si è detto molto preoccupato per la guerra, contro il 71,7% delle Filippine e il 61,2% dell’Indonesia.

In un anno la regione è stata testimone dell’intero spettro di reazioni da parte della politica nei confronti del conflitto, soprattutto a causa delle diverse relazioni che i Paesi del sud-est asiatico intrattengono con Mosca. Singapore ha condannato l’offensiva, la Cambogia è stata "molto critica", mentre il regime militare del Myanmar ha approvato l'operato di Vladimir Putin. Thailandia e Malaysia hanno adottato una posizione neutrale, mentre Indonesia, Vietnam e Laos non vogliono danneggiare le relazioni con la Russia che spesso sono storiche e legate alla fornitura d’armi, ha osservato Ian Storey, dell’ISEAS-Yusof Ishak Institute. Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, dal 1995 al 2021 la Russia ha venduto armi al Vietnam per un valore di 7,4 miliardi di dollari e per 1,7 miliardi al Myanmar tra il 2001 e il 2021. Mentre Hanoi sta tentando di diversificare la propria fornitura, la giunta golpista birmana, al contrario, ha aumentato la cooperazione con Mosca, acquistando aerei da combattimento ed elicotteri militari per schiacciare le forze della resistenza.

"Come per le relazioni USA-Cina, la maggior parte dei Paesi del sud-est asiatico vuole mantenere buoni rapporti sia con gli Stati Uniti che con la Russia, evitando di rimanere invischiati nella rivalità e mantenendo la propria autonomia strategica", ha detto Storey. Il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr., per esempio, ha detto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky che Manila sostiene gli sforzi dell'Ucraina per trovare una soluzione pacifica alla guerra ma si è astenuta dall’invio di aiuti militari per evitare di schierarsi tra Stati Uniti (alleati dell’Ucraina) e Cina (percepita come alleata della Russia).

Il presidente dell’Indonesia Joko Widodo ha cercato di avere un ruolo di primo piano nella mediazione del conflitto, ma senza condannare esplicitamente l’aggressione russa: secondo Zachary Abuza, professore di sicurezza strategica presso il National War College di Washington lo scopo del presidente Jokowi è assicurarsi una fornitura costante di grano e l'acquisto di petrolio a buon mercato. L’aumento dei costi delle materie prime, in un contesto dove l’inflazione continua a essere alta, ha una certa importanza nei Paesi dove quest’anno sono previste elezioni, in particolare in Thailandia e in Cambogia, ha sottolineato ancora Abuza, mentre in Myanmar la giunta golpista ha annunciato una votazione ad agosto, ma non è ancora chiaro come si svolgerà.

La Banca Mondiale prevede che il conflitto provocherà un aumento del 50% dei prezzi dell'energia in tutto il mondo, mentre i costi del cibo nel 2023 aumenteranno del 20%. 

Al momento è difficile prevedere se e come cambierà l’opinione del sud-est asiatico nei confronti della guerra in Ucraina: l’opinione pubblica continua a essere influenzata dalla propaganda filo-russa spesso rilanciata dai media cinesi in base alla quale l’Ucraina ospita infiltrazioni neonaziste e laboratori biologici finanziati dagli Stati Uniti. Ma alcune teorie del complotto sono autoctone, commenta ancora Storey, soprattutto nei Paesi a maggioranza musulmana come Indonesia e Malaysia, dove una parte della popolazione critica l’ipocrisia degli Stati Uniti (che a inizio anni 2000 hanno invaso l’Iraq e l’Afghanistan): queste nazioni, ha detto Storey, "vedono il regime di Putin come favorevole all'islam e gli Stati Uniti ostili" e tendono a credere alla propaganda russa per la maggiore familiarità che la regione ha con Mosca rispetto a Kyiv.

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