I pogrom anticristiani dell’Orissa ‘hanno rafforzato la fede e l’unità del popolo’
Bhubaneshwar (AsiaNews) - I pogrom del Kandhamal hanno distrutto vite, case e luoghi sacri della comunità cristiana, ma hanno anche accresciuto la fede della comunità e la fratellanza tra la popolazione, senza distinzione di casta o credo. È il senso della riflessione di mons. John Barwa svd, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, ad AsiaNews. Il prossimo 25 agosto sarà il quinto anniversario dei violenti pogrom, perpetrati da militanti ultranazionalisti indù, che hanno colpito in modo durissimo la comunità cristiana. Il prelato parla dell'orgoglio della sua comunità "per la nostra fede" e del suo essere fiero per "il costante e serio sforzo di tradurre le parole in azioni". Di seguito, la riflessione di mons. Barwa. Traduzione a cura di AsiaNews.
La famosa osservazione del padre della Chiesa Tertulliano (160-220 a.C.), "il sangue dei martiri è il seme della Chiesa", è diventata una realtà nella Chiesa in continua crescita del Kandhamal (Orissa).
La missione in Kandhamal (parte dell'allora conosciuta "missione di Cuttack") ha avuto inizio con i Missionari di san Francesco di Sales d'Annency (Msfs, i fransaliani - ndr), seguiti dai sacerdoti della Congregazione della missione (Cm). Il primo giugno del 1947 questa missione è stata elevata a missio sui iuris da papa Pio XI. Con l'impegno e la dedizione dei primi missionari - che hanno affrontato ogni difficoltà con coraggio e fiducia - la missione è cresciuta a passi da gigante. Il 24 gennaio del 1974 è stata creata l'arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneshwar. L'arcidiocesi ha un'area di 12.529 miglia quadrate, con una popolazione totale di 11.554.700 persone. Circa 160mila sono cristiani, di cui quasi 64mila cattolici.
Ogni crescita è un processo che richiede sfrondature, prove e sofferenze. Nei 70 anni della vita di Kandhamal - dove vive la maggior parte dei cattolici dell'arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneshwar - l'arcidiocesi ha affrontato una persecuzione indicibile per via della fede nell'agosto del 2008.
Durante le persecuzioni circa 400 villaggi sono stati epurati di tutti i cristiani; più di 6mila case, 340 chiese, cappelle, dispensari e scuole sono stati bruciati e distrutti; migliaia di persone sono state ferite; numerose donne e ragazze - inclusa una suora [1] - hanno subito stupri di gruppo; circa 60mila uomini, donne e bambini sono rimasti senza casa. Un totale di 75 persone - 22 cattolici, 28 battisti, 12 pentecostali, 4 anglicani della Church of North India, uno della Chiesa indipendente e 8 tribali non cristiani -, compreso l'economo dell'arcidiocesi, sono state brutalmente uccise.
Ma dopo cinque anni da quelle persecuzioni, mi sento orgoglioso del mio popolo. Oggi quando visito i vari angoli della mia arcidiocesi, per benedire e inaugurare chiese, cappelle, o per fare semplici visite, tantissime persone - non solo cristiane - vengono e partecipano alle celebrazioni. Mi dicono: "I persecutori hanno distrutto e bruciato le nostre case, le nostre proprietà, e hanno massacrato i nostri cari, ma non sono riusciti a distruggere la nostra fede e ad allontanarci da Gesù. Siamo orgogliosi di essere cristiani e orgogliosi della nostra fede". Oggi questa voce diventa più forte e chiara giorno dopo giorno. Ci sono le parole, ma anche il costante e serio sforzo di tradurle in azioni e rapporti. Questi sforzi sinceri della mia gente sono un chiaro segno della loro fede in crescita. Sebbene siano poveri e illetterati, sono ricchi nella fede e io sono fiero del mio popolo.
Come pastore di questa terra perseguitata, ricevo inviti da molti Paesi in tutto il mondo per condividere "la fede in crescita del popolo perseguitato del Kandhamal". E durante le mie visite, molti mi pongono la domanda più difficile: "Avete ricostruito case e istituzioni... ma si dice che vi saranno nuove persecuzioni". La mia risposta è: "Viviamo credendo in Dio, e facciamo di tutto come individui e come comunità - attraverso gli strumenti socio-pastorali dell'arcidiocesi fatti di parole, azioni e progetti - per costruire 'un Kandhamal pacifico'. Sì, dopo tutti i nostri sforzi, ci sono ancora segni di persecuzione!!! Noi ci arrendiamo a Dio e diciamo, 'Lascia che sia fatta la tua volontà, o Dio!'".
Oltretutto, oggi questa missione è diventata un centro delle vocazioni sacerdotali e religiose, e una terra che manda missionari.
In linea con l'osservazione di Tertulliano, la fede in Orissa sta crescendo proprio per via della sua violenta persecuzione. Qualunque sia il termine di paragone, è indubbio che i cristiani in Orissa hanno sofferto moltissimo. Eppure, questa persecuzione ha reso la fede più forte e ha aiutato giovani e anziani a comprendere il valore della fede, dell'impegno e della devozione.
Le crescenti distinzioni e divisioni tra le denominazioni cristiani in Orissa - e in Kandhamal in particolare - erano evidenti. All'indomani delle persecuzioni vi sono stati forti legami di unità, comunione e cameratismo. Oggi si alza un'unica voce, senza distinzioni di casta o credo: "Abbiamo bisogno di pace e armonia, non di violenza. Chiunque promuova o perpetui la violenza è contro la pace".
In cinque anni, abbiamo ricevuto sostegno (finanziario e spirituale) in lungo e in largo per ricostruire Kandhamal. Con la vostra generosità, abbiamo risistemato le case e le chiese distrutte, e ringraziamo ciascuno di voi con tutto il cuore. Comunque sia, i nostri sforzi per ricostruire istituzioni, cappelle, oltre che la vita e il futuro della nostra gente, di donne, giovani e bambini, deve continuare. Siamo impegnati a migliorare le persone di ogni fascia sociale, in particolare i gruppi poveri, emarginati o svantaggiati, nella loro lotta per la giustizia e la pace.
Le persecuzioni anticristiane sono avvenute cinque anni fa. Mentre ricordiamo quei dolorosi eventi, ricordiamo e preghiamo per quelle anime coraggiose, e per quanti ci hanno sostenuto. Per questo, lasciamo che la nostra promessa oggi e sempre sia di promuovere pace, giustizia e speranza verso tutti, a ogni costo.
(Ha collaborato Santosh Digal)
[1] Si tratta di suor Meena Barwa, nipote di mons. John Barwa.
27/01/2020 16:11